È da tempo che avrei voluto dedicare spazio a personaggi illustri nati a Catanzaro o, in generale, in Calabria. Alla fine, ho realizzato che fare un unico articolo sarebbe stato impossibile; tante sono le persone che meriterebbero una menzione. Sicuramente commetterei qualche ingiustizia, anche se involontaria. Quindi, mi appresterò a scrivere degli appunti sparsi, sperando di non tralasciare dettagli e nomi importanti, con l’intenzione di rendere omaggio ma soprattutto invogliare chi legge ad approfondire i contenuti.
Con questa raccolta di pensieri, la prima di una serie, si vuole raccontare un’altra faccia della Calabria, quella tra le più belle, quella di cui andare fieri.
Ho pensato a lungo quale figura potesse fare da apripista e non è stato facile: man mano che si delineava un personaggio conosciuto, subito me ne veniva in mente un altro.
La vera notizia è che abbiamo molto di cui essere orgogliosi!
Quindi sono partita da… me. Credo di non fare torto a nessuno, se volessi iniziare a dedicare il primo capitolo, con molta modestia e rispetto, al regista e sceneggiatore (e molto altro) Gianni Amelio poiché mi lega a lui il luogo della sua nascita: San Pietro Magisano. Un piccolissimo borgo ai piedi della Sila catanzarese, che è anche il luogo in cui vado, sin da bambina, a trovare i miei parenti. E poi perché mi sembra che Catanzaro, erroneamente, non abbia dedicato molto a lui e alla sua pluripremiata arte. Invece, per lui e anche per atri personaggi ci vorrebbero spazi e iniziative.
C’è sempre il timore che i giovani possano dimenticare facilmente persone legate a Catanzaro e alla Calabria.
La Calabria è la radice di Gianni Amelio
Nel film La Fine del Gioco (1970) il giovane Amelio riprende scorci di Catanzaro, raccontando, con un contraltare, il disagio di un minore all’interno del riformatorio. Una pellicola è a metà tra il film e il documentario. Il forte accento catanzarese, l’ambientazione rendono omaggio alla città natale, e ne esce fuori un autore in erba che dimostra una sensibilità straordinaria nell’affrontare temi ‘pedagogici’ e sociologici che sono ancora presenti nelle opere contemporanee.
A trent’anni di distanza, quando è già famoso e affermato nel mondo del cinema, gira Lo Specchio sull’acqua (2000) che è invece una sua dedica a Reggio Calabria.
Sin da bambina, appunto, ho sempre pensato a lui come una sorta di eroe positivo che era riuscito ad arrivare a rappresentare le vette più alte del mondo della cultura, scavalcando i confini di questa terra, madre e matrigna, per regalarle un po’ di luce. E nella mia famiglia se ne parlava tanto, con orgoglio e ammirazione.
Come iniziano sempre le vere biografie occorre dire che Gianni Amelio nasce a San Pietro Magisano il 20 gennaio 1945, e qui mi fermo perché delle biografie non amo la freddezza, la sfilza di date, nomi. Tutto è reperibile nella memoria del web e non resterebbe invece nella memoria umana alla quale vorrei raccontare la profondità di questo artista e la sua visione dell’uomo e della vita nella sua complessità. Il mio intento sarebbe quello di incuriosire chi non lo conosce ancora. Fargli venire voglia di vedere i suoi film, di conoscere le pieghe della sua anima e, non per ultimo, di creare dei presupposti affinché ‘torni’ a dirigere un film nella sua terra.
Gianni Amelio scrittore
Da catanzarese, per me è importante che gli venga restituito lo spessore. Credo che pochi sappiano, per esempio, che è anche un eccelso scrittore. Politeama (2016, Mondadori), tra l’altro, si riferisce al vecchio cinema catanzarese ormai trasformato in altro al quale Amelio, da ragazzo, andava a vedere i film.
‘Padre Quotidiano’, edito dalla Mondadori nel 2018, è un racconto che narra e trasuda amore. Qui l’abbandono è un atto altruistico e l’Albania un po’ come la Calabria, terra di migranti in fuga e da ricostruire.
Dall’intervista di Huffingtonpost del marzo 2018 Amelio racconta e si racconta.
“Quel padre anziano e malato, ha pensato a garantire un futuro al figlio, ben sapendo che lì, in Albania non poteva averlo e ha deciso di separarsene portandosi per sempre dentro di sé il trauma del distacco. Le tracce di un’antica ferita, l’assenza dei un altro padre” (il suo, conosciuto troppo tardi n.d.r.)
Ma Amelio ha fatto molto di più: ha portato in Italia anche i genitori naturali. Oggi, quel bambino albanese è cresciuto, ha formato una sua famiglia e potremmo dire che quella di Amelio è una ‘famiglia bizzarra’, come lui stesso l’ha descritta in un’altra intervista. Un bimbo nato sfortunato ma che invece ha avuto la fortuna di avere due padri.
Documentari
Straordinaria e intensa è anche la produzione di documentari, forse meno noti dei film, che ne testimoniano la sensibilità e la concretezza insieme.
‘Felice chi è diverso’ (2014) è un racconto sulla omosessualità e sull’essere dolorosamente omosessuale. Una pagina anche questa autobiografica.
“La sessualità è per me un fatto di libertà. Ognuno sceglie la propria idea e tendenza, il proprio gusto purché non dia fastidio agli altri e non commetta delitto. Non vedo perché debba essere combattuto o imprigionato.”
‘Casa d’altri’ (2017) è il documentario realizzato in soli dieci giorni ad Amatrice, a un anno dall’evento del sisma.
“Un film per scuotere e non per commuovere. È facile versare lacrime, ma c’è un momento in cui dici basta e vuoi che le cose cambino per davvero.”
Ne risulta un documentario realizzato con discrezione, senza scadere nella banalità. Si entra nelle case chiedendo permesso, senza la curiosità malata purtroppo frequente nei social, rispettando appunto la casa d’altri. In polemica con chi scatta selfie con a sfondo le macerie, ad esempio.
“Invece della parola ‘Fine’ ho scritto ‘la memoria non basta’. Le tragedie dovrebbero educare.” Sottolinea Amelio.
Gianni Amelio regista
Se si dovesse racchiudere in una frase chi è Gianni Amelio probabilmente lo potremmo definire il ‘cineasta dei bambini di tutte le generazioni’. Cresciuto in un periodo di forti contestazioni, ovviamente la politica è presente nelle sue opere ma in maniera del tutto personale poiché usa il filtro del tema sociale. L’interesse per gli emarginati, del divario culturale e umano tra nord e sud, l’umanità in tutte le sue eccezioni sono i temi dominanti nelle sue opere.
Ed è proprio del sud che si parla nel bellissimo e coinvolgente Il ladro di bambini (1992) e ancora una volta è il disagio dei giovani a essere raccontato.
L’ultima sua opera è La tenerezza (2016). È il ritratto di una società fatta di microcosmi, di solitudini. Il desiderio di amare e essere amati è un bisogno naturale che invece diventa il dramma. L’assenza di umanità, l’indifferenza, le paure bloccano l’aprirsi all’altro in maniera sincera. La tenerezza diventa un veicolo per arrivare all’altro, per comunicare in piena libertà.
“Prima di raccontare, osserva; prima di comunicare qualcosa agli altri con immagini e parole, fai in modo che quelle immagini e quelle parole ti suonino familiari; prima di muovere la fantasia, afferra le cose che hai intorno.”
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