Il Dìa de los muertos, la festa dei morti messicana che celebra la vita a confronto con la commemorazione dei defunti in Italia
“Remember me Though I have to say goodbye. Remember me Don’t let it make you cry…”. Recita così la canzone del cantante Miguel (composta da Michael Giacchino) divenuta famosa, per essere stata la colonna sonora portante del film animazione “Coco“. Film d’animazione del 2017 diretto da Lee Unkrich e Adrian Molina, distribuito dalla Walt Disney Pictures, creato e prodotto dai Pixar Animation.
Ma cosa c’entra tutto questo con l’1 e il 2 novembre vi starete chiedendo voi?
Probabilmente e apparentemente niente. Eppure un legame c’è. Perché per chi non lo sapesse il film d’animazione “Coco“, ambientato in Messico, non parla solo di musica, che è il tema centrale, il perno propulsore di tutta la storia che viene poi narrata. Ma parla del legame profondo che c’è tra la vita e la morte. Parla dell’importanza del legame inscindibile che si ha con la propria famiglia e con i propri antenati. Parla dell’importanza della commemorazione dei defunti e dei propri cari che hanno lasciato in terra questa vita. Parla dell’importanza della memoria dei propri cari defunti che devono essere ricordati per essere “riportati in vita”, almeno per un giorno. E il giorno è il “dìa de los muertos”, in cui vengono “celebrati”, omaggiati e onorati con una fotografia. Con un cibo. Una candela. Un fiore. Una decorazione.
Ma cerchiamo di entrare meglio nella tradizione messicana e nella “celebrazione della vita” nel “giorno dei morti”.
Il Dìa de los muertos, la festa dei morti messicana che celebra la vita
In Messico il famoso Dìa de los Muertos viene celebrato nel periodo che va dal 28 ottobre al 2 novembre e a farla da padrone sono teschi zuccherati dai colori sgargianti, fiori chiamati Chempasuchil, pagnotte decorate a tema, altari ricchi di elementi simbolici, sfilate di scheletri divertenti.
Nulla a che vedere con le tonalità macabre di Halloween. Le sue origini sono più antiche della commemorazione dei defunti cristiana, nonostante oggi il cattolicesimo sia la religione più diffusa nel paese.
Il Dia de Muertos risente dell’influenza pre-ispanica, con elementi mutuati dai popoli Aztechi e Maya, che adoravano la vita dei loro antenati ritenendo che l’ordine cosmico si basasse su un continuo alternarsi di morte e vita.
Come si festeggia il Dìa de los muertos?
Per ricordare e omaggiare i defunti, che solo in questo periodo dell’anno possono raggiungere i parenti vivi, i messicani cospargono le lapidi di decorazioni e fiori, realizzano coloratissimi altari, “altar de muertos“, che vengono preparati seguendo delle regole precise: immancabili sono le foto dei defunti, senza le quali non possono arrivare fino alla Terra dei Vivi. Poi ci sono i loro piatti preferiti, il dolce tipico della festa detto “Pan de muertos“, cosparso di zucchero e simile alle ossa di un teschio. E ancora candele, fiori, “calaveras“, che sono i teschi zuccherati a volte personalizzati con il proprio nome inciso e regalati come portafortuna. I “papel picado“, rettangoli di carta ritagliati in vari colori, un bicchiere d’acqua per dissetare i defunti, e sale, simbolo di protezione.
Oltre alle foto, l’importanza dei fiori
Molto importanti sono, inoltre, l’elemento fiore. I fiori utilizzati sono i Chempasùchil, originari del Messico, di colore prevalentemente giallo e arancione, dal profumo particolarmente intenso.
La scelta non è casuale: secondo la leggenda l’odore dei Chempasùchil è percepito dalle anime che seguendone la scia riescono, per l’occasione, a tornare a casa. Motivo per cui i loro petali vengono cosparsi ovunque, soprattutto nei cimiteri.
E in Italia come si celebra il “giorno dei morti”?
La commemorazione di tutti i fedeli defunti, comunemente detta “giorno dei morti”, è una ricorrenza della Chiesa latina celebrata il 2 novembre di ogni anno, il giorno successivo alla solennità di Tutti i Santi.
La ricorrenza è preceduta da un tempo di preparazione e preghiera in suffragio dei defunti della durata di nove giorni: la cosiddetta novena dei morti, che incomincia il giorno 24 ottobre. In Italia, benché molti lo considerino come un giorno festivo, la commemorazione dei defunti non è mai stata ufficialmente istituita come festività civile.
Ma è consuetudine tra i cittadini e fedeli cristiani italiani, “celebrare”, anche per un solo momento della giornata, anche quando questa non rientri in un specifico “ponte”, che permetta di avere un’intera giornata da dedicare alla memoria dei propri cari defunti, andare nei vari Cimiteri, in cui risiedono le tombe e gli altari dei propri cari e di quelle dei propri congiunti, parenti e amici. Si portano composizioni di fiori. Si accende un lume. Viene pronunciata una preghiera.
Nella città di Catanzaro, capoluogo della nostra Regione sono state attivate anche le linee dei mezzi pubblici per favorire questa processione e questo recarsi nei luoghi sacri del silenzio e della contemplazione, della preghiera e del ricordo.
Nel rituale Romano, parte III, capitolo 54, “Benedizione delle Tombe nella Commemorazione dei fedeli defunti”, si legge:
«1563. In molti modi le comunità parrocchiali esprimono questo senso della speranza cristiana. Per la commemorazione di tutti i fedeli defunti è consuetudine andare in processione al Cimitero e in tale occasione benedire le tombe. In questa o simili circostanze è opportuno promuovere una celebrazione con un apposito rito di benedizione.»
Conclusioni
Non ha importanza la cultura di appartenenza. Il Paese di provenienza. La religione che pratichiamo. L’importante è dedicare, anche solo con un pensiero, un momento alle persone che nel passato hanno vissuto accanto a noi e che ci hanno amate. Rendere loro omaggio, è un gesto semplice, forse il minimo per quello che ci hanno donato di loro stessi in vita. Sembra quasi di poter sentire la loro richiesta, loro che sono al di là di questo spazio-tempo. Loro che sono in “ogni dove”. Sembra quasi di sentir loro pronunciare queste parole:”Remember me” (“Ricordami”). O per lo meno così sembra a me.