Il devastante terremoto della Calabria del 1783, una sequenza dimenticata di eventi geologici che ha reso scossa la storia regionale
Nel lontano 5 febbraio 1783, un terremoto di proporzioni devastanti scosse la Calabria, segnando una pagina dolorosa della storia italiana. Questo evento, spesso dimenticato e oscurato dal trascorrere del tempo, rivela una drammatica sequenza di eventi che ha lasciato un’impronta indelebile nella memoria della regione.
Il terremoto, valutato dal nostro Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia con una magnitudo di 7,1 sulla scala Richter, fu uno dei più distruttivi della storia italiana, paragonabile solo a quello dello Stretto del 1908. Va notato che la scala Richter, esponenziale nella sua natura, rende il terremoto del 1783 circa 50 volte più potente di quello di Amatrice nel 2016, un evento ancora fresco nella memoria collettiva.
Nonostante la sua devastante portata, il terremoto del 1783 è oggi quasi dimenticato, persino nei luoghi in cui si è verificato. La prima scossa, che ebbe luogo ai margini della piana di Gioia Tauro intorno a mezzogiorno, durò ben 2 minuti, secondo i resoconti dell’epoca. Ciò che generò fu la formazione della famigerata “faglia di Cittanova”, un’articolazione che si estese per 30 km e rimane attiva ancora oggi. Successive scosse, con magnitudini intorno a 6, si verificarono nei giorni successivi, culminando con una quinta scossa di magnitudo 7 il 28 marzo 1783, situata tra l’Aspromonte, l’istmo di Catanzaro e Messina.
Le conseguenze furono avvertite su entrambe le coste dello Stretto, ma l’entroterra della Calabria meridionale subì un’apocalisse senza precedenti. La sequenza sismica, denominata oggi dall’INGV come “crisi sismica”, si protrasse per un periodo considerevole, accompagnata da forti scosse e maremoti. Gli tsunami colpirono località come Scilla e Bagnara nel basso Tirreno, causando la tragica perdita di 1.500 vite. La notizia di questa catastrofe impiegò giorni per raggiungere la capitale dell’epoca, Napoli, e i soccorsi arrivarono solo dopo quasi due settimane dalla prima scossa.
Da apocalisse a flagello, questi furono i termini utilizzati per descrivere l’evento catastrofico del 1783. La provincia della Calabria Meridionale, che all’epoca del Regno delle Due Sicilie comprendeva le attuali RC, VV, CZ e KR, subì un colpo terribile. Con una popolazione di 440.000 abitanti, si stimò che ben 35.000 persone persero la vita, corrispondenti all’8% della popolazione. Interi paesi, specialmente nella provincia di Reggio Calabria, furono cancellati dalla mappa, tra cui Oppido Mamertina, Polistena, Cittanova, Palmi, Scilla e Bagnara, tutti vittime di terremoti e tsunami. La devastazione si estese fino alle attuali province di Vibo Valentia, Catanzaro e nella vicina Messina.
Le conseguenze non furono solo geofisiche, ma coinvolsero profondamente la società e il governo borbonico. Con ingenti danni materiali, il governo fu costretto ad espropriare tutti i beni della Chiesa calabrese per creare la “Cassa Sacra”. Un “commissario straordinario”, il marchese Francesco Pignatelli, fu nominato per gestire l’emergenza, trasferendosi nel quartier generale allestito a Vibo Valentia. Rimase in carica fino al 1787, visitando costantemente le zone colpite e redigendo dettagliate relazioni. La ricostruzione coinvolse ingegneri e architetti, trasformando la Calabria in un cantiere del futuro. In occasione di questa tragedia, fu redatto il primo regolamento antisismico al mondo, contribuendo a mitigare i danni dei futuri terremoti dell’Ottocento.
Il terremoto del 1783 segnò una cesura nella storia della Calabria, cancellando quasi 200 comunità e aprendo la strada a una nuova era di ricostruzione. Nonostante l’uscita dal secolare oblio, la regione era troppo devastata per capitalizzare sull’opportunità di risorgere. Questo evento rappresentò uno dei momenti più difficili per le terre e le comunità colpite, dove la devastazione aveva cancellato quasi tutto, non solo gli edifici, ma anche lo spirito e il senso di comunità.
LEGGI ANCHE: Calabria: un terremoto di magnitudo 2.1 allerta la popolazione