Nel tranquillo scenario della carcere di Catanzaro, un’accogliente struttura penitenziaria, sembrava che i detenuti godessero di un soggiorno tanto piacevole da far invidia agli ospiti di un lussuoso hotel. Il tutto, grazie a una gestione permissiva, che ha trasformato la prigione in un esclusivo resort per i carcerati.
“Vi abbiamo fatto entrare tutte cose tramite pacchi, dice… qua vi faccio stare bene, e mi fate un mancato rientro?…” Questa audace affermazione di un detenuto, che sembra quasi essere il recensionista principale di TripAdvisor per il carcere di Catanzaro, ha portato all’arresto della ex direttrice, Angela Paravati. Le indagini hanno rivelato un mondo al di là delle sbarre, dove cellulari, droga e persino pacchetti non controllati facevano parte del menù di benvenuto.
Il detenuto protagonista involontario della storia, si lamenta con la sua compagna dell’impatto negativo delle “nuove regole” introdotte dalla dott.ssa Patrizia Delfino, la successora di Paravati. “Qua dicono come siamo abituati facciamo… è venuto il direttore nuovo, sta cagando la minchia in tutti i modi,” si lamenta il detenuto, rivelando la nostalgia per i giorni d’oro del “resort” gestito dalla Paravati.
Nelle 180 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, emerge un racconto di lusso criminale. La direttrice Paravati, oltre a trasformare le regole in semplici suggerimenti, è accusata di aver agevolato un “sodalizio esistente” all’interno del carcere. Il giudice ha sottolineato come il suo comportamento abbia addirittura “rafforzato il sodalizio, nella misura in cui ha consentito il proliferarsi, anche economico, dello scambio di sostanza stupefacente e telefoni cellulari tra detenuti”.
Ma non si tratta solo di una storia di lusso e degrado. Tra gli arrestati, oltre alla direttrice Paravati, spiccano anche figure di spicco come il comandante della polizia penitenziaria, Simona Poli, e due assistenti capo, Franco Cerminara e Domenico Sacco. Sembra che il “resort” avesse un’organizzazione gerarchica, dove anche gli agenti penitenziari erano coinvolti in questo eccentrico business.
La gestione “inquietante” del carcere di Catanzaro, come la definisce il procuratore facente funzioni Vincenzo Capomolla, ha portato all’arresto di 26 persone. I reati contestati vanno dalla corruzione all’accesso indebito a dispositivi di comunicazione, passando per il concorso esterno in associazioni criminali e l’istigazione alla corruzione. Un mix di reati che conferisce al “confortevole” di Catanzaro un’aura di criminalità raffinata.
In conclusione, sembra che la prigione di Catanzaro fosse molto più di una semplice istituzione penitenziaria; era un’esperienza a tutto tondo, dove i detenuti potevano godere di comfort e servizi all’avanguardia, purtroppo, a spese della legalità. Una lezione preziosa su come trasformare una pena detentiva in un soggiorno esclusivo, anche se il prezzo da pagare è l’arresto.
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