Dolci tesori dell’antichità: l’affascinante storia delle marmellate

Marmellate
Marmellate

La dolce evoluzione: dal miele alle marmellate zuccherate

Le marmellate, con la loro storia intrisa di antichità, hanno giocato un ruolo fondamentale nella loro evoluzione. Egizi e Cinesi si contendono il merito dell’“invenzione” delle marmellate, che hanno persino trovato spazio nei menù dei Faraoni, testimoniando la loro importanza.

L’antica Roma fu un altro baluardo di consumatori di succhi di frutta bolliti, saporitamente aromatizzati, e di confetture di rosa e violetta, seguendo la tradizione araba.

Le marmellate dell’epoca antica si discostavano notevolmente da quelle moderne. Erano confezionate mediante l’uso di miele e frutta, spesso costituendo uno sciroppo d’uva al quale venivano aggiunte albicocche, ciliegie, fragole e altre delizie fruttate.

L’epoca delle Crociate fece emergere una nuova epoca delle marmellate: nuove spezie e aromi provenienti dall’Oriente si unirono alla festa, e un ingrediente fondamentale fece il suo ingresso trionfale, lo zucchero.

Un vero e proprio fervore per i dolci a base di frutta scaturì, con le città francesi in prima fila nella creazione delle confetture più stravaganti e degli sciroppi più raffinati. Fiori e frutta si fuse spesso in preparazioni intriganti, come la raffinata “gelatina” di gelsomino o la delicata gelatina di rose.

Storie curiose legano molti personaggi di spicco della storia a queste delizie. Si racconta, ad esempio, che il Re Giovanni II, detto “il buono”, mentre languiva prigioniero nella Torre di Londra, alleviasse il suo stato d’animo assaporando gli “zuccherini al muschio”, una specialità del cuoco di corte.

Tali dolci, insieme alle marmellate all’ambra (la cui ricetta è un enigma per noi), fecero costantemente capolino sulla tavola di Enrico III d’Inghilterra.

Alla Corte di San Giacomo, in un’occasione dedicata alla regina Vittoria, fu creata una confettura di ciliegie che colpì il gusto della sovrana.

Attraversando la Manica, giungiamo a Carlo V, il quale, dopo aver chiesto a un rinomato pasticciere parigino di inviare al Papa delle prelibatezze dolci a base di miele e frutta, decise persino di intitolargli una via in segno di gratitudine. In questa via, aprì un negozio di dolciumi, coronando così l’opera del creatore di tali delizie.

È del tutto ragionevole supporre che il Papa avesse un debole per questi dolci provenienti da Parigi, soprattutto considerando che nella sua corte c’erano ufficiali noti come “scudieri delle confetture”.

Quando la Corte papale si trasferì da Roma ad Avignone, furono selezionati come “scudieri” gli abitanti della città di Apt, celebre per le sue marmellate e sciroppi. Madame de Sévigné la definì addirittura la “regina delle confetture”.

Caterina De’ Medici portò con sé in Francia un nutrito gruppo di cuochi e esperti conoscitori di aromi e confetture, arricchendo così la scena culinaria della Corte francese.

Infine, una storia che sembra dare credito al vecchio adagio “uccide più la gola che la spada”: l’imperatore Federico II perse la vita a causa di un’eccessiva dose di frutta candita e marmellata, dimostrando l’importanza di moderare i piaceri gastronomici.