“Che i giovani non sentano la fede è un mito. La fede affascina e quando c’è un uomo che la vive e la trasmette con il cuore, i giovani sono pronti a seguirlo”. Pippo Corigliano, per 40 anni portavoce dell’Opus Dei, autore e giornalista esperto in formazione, non ha esitato a rispondere così al caporedattore della Rai Calabria, Pasqualino Pandullo, che lo ha intervistato nel corso di un nuovo appuntamento culturale del Festival d’Autunno dal titolo “Le parole della fede e i giovani”.
Ha introdotto la serata il direttore artistico del Festival, Antonietta Santacroce la quale, dopo aver ricordato che l’edizione di quest’anno è stata tutta incentrata sulla parola, ha sottolineato come il binomio parola-fede sia strettamente connesso. “Partendo dalla figura di San Josemarìa – ha detto rivolgendosi al numeroso pubblico che ha affollato la sala del Museo Marca di Catanzaro – Corigliano spiegherà come sia possibile parlare di Dio alle nuove generazioni in un momento storico in cui sembra che ci siano altri valori da perseguire”.
“La fede non sia un manula di morale”
In effetti l’intervista è stata tutta incentrata su quanto Corigliano ha scritto nel suo ultimo libro edito da Mondadori, “Il cammino di San Josemarìa”, in cui l’autore ricorda il valore delle “chiacchierate”, chiamate “Circoli di San Raffaele”, ideate dal Santo come strumento per evangelizzare in modo semplice, con naturalezza e allegria. “Anche i giovani – ha spiegato Corigliano – capiscono che ignorare Dio produce tristezza interiore. Ecco perché se hanno davanti un modello chiaro e onesto da seguire, si danno interamente. Un modello che parli con il cuore. Del resto – ha proseguito – c’è una grande affinità tra i poeti e i santi: i primi trasferiscono in parole i messaggi del cuore; i secondi raccontano ciò che lo Spirito Santo dice al loro cuore”. Serve, così, una fede che affascina evitando “il rischio di una visione un po’ personalistica. Bene ha fatto il Papa – ha affermato – a richiamarci a una visione più sociale della fede che non può essere ridotta a un manuale di morale. Dobbiamo vivere di fede come i pesci di acqua”.
E incalzato dal giornalista sul ruolo della Chiesa e sull’immagine che i giovani hanno di essa, Corigliano ha sottolineato come debba essere fondata sull’amicizia: “Del resto Gesù chiama gli apostoli amici. Forse si è persa un po’ questa dimensione. Il punto di partenza è l’amore. Gesù diceva a Santa Caterina: “Voi non siete fatti che d’amore”. L’uomo ha bisogno dell’alimento spirituale come di alimento fisico. Dal punto di vista spirituale siamo ignoranti: è necessario innamorarsi di Gesù e dunque leggere il Vangelo. Vivere di fede significa vivere felici e noi questo lo trascuriamo”. Occorre, come ha detto Antonietta Santacroce prendendo la parola, “un cristiano che sia attivo nel mondo. Non basta limitarsi a non fare il male ma impegnarsi a fare il bene”. Un concetto che Corigliano ha riproposto anche parlando della “santificazione del lavoro”: “Lavorare bene nel nome di Dio, lavorare bene per amore: è una delle maniere per vivere felici sulla terra”.
“Il cristiano come il salmone: sappia andare controcorrente”
Pandullo ha quindi chiesto all’ospite di spiegare meglio quanto contenuto in un capitolo del libro intitolato “Cittadinanza” in cui sostiene che la globalizzazione ha prodotto un’oligarchia finanziaria sempre più potente e che anche le nostre scelte, come consumatori, dipendono da questa oligarchia. “C’è un impero invisibile ed è opportuno rendersene conto. Questo tipo di dominio culturale sulle folle – ha spiegato Corigliano – non è fisiologico ma voluto, organizzato anche molto bene attraverso i mezzi di comunicazione. Per questo è invisibile. Occorre meno ingenuità. Queste lobbies puntano alla creazione di una nuova società. Non più quella tradizionale ma di consumatori individuali. Tutto questo non ci deve spaventare ma dobbiamo essere coscienti. E dove ci insegnano a non amare dobbiamo dire, invece, che amare è bello. Il cristiano deve prendere coscienza di essere un “salmone”, uno che va controcorrente. Ciò che mi dispiace è vedere tanti matrimoni che saltano. E’ chiaro che c’è un’opera culturale in cui si disabituano le persone alla fedeltà”.
Corigliano ha voluto sottolineare anche la spensieratezza dello spirito cristiano. “Parlare dello Spirito santo è opportuno perché il cristiano vive tra due poli: da un lato l’esigenza di non peccare, di stare attento ai dettami della fede, dall’altro ha la consapevolezza di essere come un bambino davanti a Dio e come tale non si angoscia davanti agli errori”.
Infine, da napoletano che ha girato il mondo, una battuta sulla Calabria: “Da una parte voi calabresi dimostrate una capacità di amicizia e una gran senso della famiglia che non è così diffuso da altre parti. Dall’altra avete una straordinaria capacità di affrontare le difficoltà e di vivere le avversità. Quando vengo qui, a Catanzaro, riuscite a farmi sentire a casa”.
Venerdì 15 novembre appuntamento con “Da dove nascono le parole” e il neuroscienziato Antonio Cerasa
L’ultimo appuntamento degli eventi culturali del Festival d’Autunno è fissato per il prossimo venerdì 15 novembre quando il ricercatore del Cnr e docente della Facoltà di Sociologia dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro, Antonio Cerasa, intratterrà il pubblico su come la nostra vita e la nostra mente vengano influenzate dalle parole. Un appuntamento che si terrà alle ore 18:30 nel complesso monumentale “San Giovanni” e che concluderà una fortunata edizione del Festival che ha davvero registrato un grande successo di pubblico e di critica.