Avevamo già parlato della probabilità di eventuali conseguenze dettate dal nesso Coronavuris-Referendum. Ebbene sì. Dopo la chiusura di scuole e università, il Governo ha deciso.
Il Referendum previsto per la data del 29 Marzo, che avrebbe portato, nell’ipotesi di vittoria del si, il taglio dei parlamentari, da 630 a 400 per la Camera dei Deputati e da 315 a 200 per la Camera del Senato, è stato rinviato a data da destinarsi, causa Coronavirus.
La scelta avrebbe a che fare non solo con l’applicazione di una misura di prevenzione contro l’eventuale contagio, ma anche con l’ipotesi di una scarsa partecipazione della cittadinanza dovuta alla paura che attanaglia il Paese.
“Non c’è ancora una nuova data” ha affermato il Premier Giuseppe Conte, ma si è certi che la stessa dovrà essere fissata entro e non oltre il 23 Marzo 2020, sulla base della legge 1970 che disciplina i Referendum.
Tale legge, appunto, annuncia che a seguito del via libera della Cassazione alla legittimità della richiesta del referendum (ottenuto il 23 Gennaio scorso), il governo ha a disposizione 60 giorni di tempo per convocare il Consiglio dei ministri che, a sua volta, ha il compito di fissare la data della consultazione popolare.
La nuova data, quindi, dovrebbe essere fissata in una Domenica tra il cinquantesimo e il settantesimo giorno successivo all’indizione.
Si tiene inoltre in considerazione la possibilità di optare per un “Election Day”, ovvero un’unica giornata in cui svolgere sia le votazioni per il Referendum che le Regionali.
La proposta dell’Election Day arriva dal Movimento 5 Stelle, il cui capo politico Vito Crimi ha affermato: “Siamo in una situazione di grave emergenza economica, stiamo cercando di recuperare ogni euro possibile e non possiamo permetterci che il Referendum sia un costo aggiuntivo”.
Di parere contrario sono la Fondazione Luigi Einaudi, impegnata sul fronte del No ed i senatori Nannicini, Pagano e Cangini, i quali hanno enunciato: “Sarebbe molto grave se il governo decidesse di accorpare il referendum con le elezioni regionali. Non sarebbe accettabile una consultazione referendaria con un’affluenza a macchia di leopardo e soprattutto la confusione che si creerebbe per la sovrapposizione tra campagne elettorali così diverse tra loro. Non è un caso che nella storia repubblicana i referendum costituzionali non siano mai stati accorpati ad altre consultazioni”.