Slow Food e cibo globale: «La crisi porterà a un effetto farfalla»

grano, campo di grano
grano, campo di grano

Slow Food ha pubblicato un articolo sul cibo globalizzato in cui si esprimono delle preoccupazioni circa le probabili ripercussioni della guerra in Ucraina nel mondo intero. Carlo Petrini – fondatore di Slow Food – si interroga sul mondo interconnesso con ancora una pandemia in corso, sebbene appaia agli sgoccioli. Il titolo emblematico è “Crisi internazionale: l’effetto farfalla sulle nostre tavole”-

La crisi in Ucraina potrebbe portare a rivolte del cibo in Egitto?

Purtroppo la risposta è sì: esistono le condizioni per le quali questo possa succedere. Appena usciti da una pandemia ci troviamo di fronte a una guerra in Ucraina che ci lascia attoniti e sorpresi poiché ingiustificabile. Tutto ciò ci vede nuovamente inermi e sopraffatti dalle circostanze che sono al di là del nostro controllo.

In un mondo che è interconnesso siamo obbligati a far fronte alle implicazioni negative del cosi detto “effetto farfalla”. Ancora una volta, le conseguenze drammatiche di un evento circoscritto a una specifica area geografica potrebbero manifestarsi in più parti del mondo, anche lontane. Il che avvierebbe una crisi seria e duratura.

Mi riferisco, nello specifico, al settore dell’agricoltura, tristemente consapevole che la guerra e la fame sono fortemente connesse. Quando si verifica la prima delle due la seconda è praticamente la successiva. Questo fatto ce lo conferma il World Food Programme attraverso le informazioni che arrivano dall’Ucraina. Più di 3 milioni di persone stanno ricevendo aiuti alimentari; tutto ciò è anche provato dalle preoccupazioni che arrivano dai numerosi Paesi africani, del Medio Oriente e dalla stessa Europa. Tutti posti che per ragioni differenti, temono le ripercussioni dirette o indirette della guerra relative al prezzo e al rifornimento di cibo.

Lo Yemen, per esempio, importa il 90% del cibo di cui il 50% è grano proveniente dalla Russia e dall’Ucraina. In questo Paese la metà della popolazione – circa 15 milioni di persone – vive in precarietà alimentare. Di conseguenza, la guerra non potrà far altro che peggiorare la situazione già di per sé tragica.

Grazie alla fertilità del Nilo, l’Egitto era il più grande produttore di grano. A causa della urbanizzazione e della desertificazione, ora è costretto a comprare l’80% del grano dall’Ucraina. È un Paese dove il pane è sempre stato una risorsa (sovvenzionata) e oggetto di controversie politiche. Per questo motivo si teme che il rialzo del prezzo del grano colpirà direttamente la stabilità economica e porterà a insurrezioni popolari.

A causa dell’emergenza climatica, il Marocco sta sperimentando sulla propria pelle, il peggiore periodo di siccità degli ultimi 30 anni. A medio termine, dovrà importare una grande quantità di cereali ed entrare in tackle per il rialzo dei prezzi, più alti di quanto immaginasse. Tutto ciò dovuto alla guerra.

Dall’altra parte, il governo in Kenia è preoccupato del prezzo del fertilizzante (la Russia è uno dei più grandi fornitori al mondo). Ora il rischio è che il prezzo arrivi alle stelle. Per i piccoli produttori, il rialzo dei prezzi significa un uso minore di fertilizzanti; il che porta a un raccolto più povero e di conseguenza a un minore guadagno. Questa è l’ennesima prova che occorre convertirsi al cibo eco-sostenibile e al potenziamento del comparto degli agricoltori, arrivando alla produzione di beni locali e rinnovabili.

Guardando la situazione europea, dobbiamo essere consapevoli che il nostro sistema alimentare risentirà negativamente le conseguenze della guerra. L’Ucraina è il quarto rifornitore dell’Unione Europea mentre la Russia provvede al nostro fabbisogno di gas pari al 40% . Quest’ultimo viene usato per riscaldare le serre dove crescono più della metà delle verdure che consumiamo. Un incremento del prezzo del gas potrebbe implicare l’aumento del prezzo del cibo; ma anche il fallimento di aziende agricole e un calo dei rifornimenti stessi.

Questo spiega che, sull’onda ancora calda della pandemia, la guerra ci farà vedere la vulnerabilità e l’ingiustizia del sistema alimentare globalizzato. Esso risponde solo alla legge del profitto. Esprimo la più fraterna solidarietà al popolo ucraino, così come al popolo russo che si sta opponendo all’atrocità del conflitto; io chiedo alle istituzioni nazionali e internazionali di riflettere seriamente sul dovere morale affinché si modifichi l’attuale sistema, sostituendolo con uno in cui la sovranità del cibo sta al centro.

Il cibo può diventare un’arma che amplifica il danno causato dalla guerra. Il cibo deve essere, sempre e l’unico, strumento per diffondere la pace.

Agricoltura
Agricoltura– Raccolta del grano

 

Traduzione a cura di Annamaria Gnisci. Per leggere l’articolo originale International crises: the “butterfly effect” on our tables

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