Il ghiro: tra natura, tradizione e complessità sociale

Ghiro
Ghiro

Conservare il ghiro e il suo habitat: una responsabilità condivisa

Il ghiro (Glis glis) è un affascinante roditore appartenente al genere Glis, caratterizzato da un corpo lungo circa 30 centimetri, di cui 13 centimetri di coda, e un peso medio di circa 100 grammi. Questo piccolo animale presenta un mantello grigio-argenteo sul dorso e una tonalità biancastra sul ventre, accompagnato da una distintiva maschera nera intorno agli occhi.

Questo roditore trova la sua dimora nelle foreste di latifoglie e conifere, nutrendosi principalmente di frutta, semi, noci e insetti. Di natura notturna, preferisce attività durante le ore buie e trascorre il giorno costruendo nidi sugli alberi o trovando riparo nelle cavità dei tronchi. Durante l’inverno, entra in uno stato di letargo duraturo, che può protrarsi per circa sei mesi.

Il ghiro è una specie diffusa in tutta l’Europa centrale e meridionale, da Portugallo alla Turchia, ed è presente anche in alcune zone dell’Asia occidentale. In Italia, la sua presenza è quasi ubiquitaria, con l’eccezione delle regioni di Sardegna e Sicilia. Nella regione Calabria, in particolare, è una specie comune, popolando le zone montuose come la Sila, le Serre e l’Aspromonte.

Sebbene il ghiro sia protetto dalla Convenzione di Berna del 1979, la quale vieta la caccia, la cattura e il commercio di questa specie, persiste una controversa tradizione nelle zone della Calabria, dove questo animale viene consumato come cibo. Questa pratica affonda le sue radici nei tempi dei legionari romani, che portavano con sé contenitori in cui allevare i ghiri per avere una riserva di cibo nei momenti di necessità. Alcuni vedono il consumo del ghiro come una pratica proibita, mentre altri lo considerano una prelibatezza culinaria, cucinandolo in tegame, in umido o arrosto allo spiedo.

La caccia al ghiro avviene principalmente di notte, in periodi come settembre e ottobre, quando i ghiri si preparano al letargo. Purtroppo, si stima che solo nel comune di Guardavalle, in provincia di Catanzaro, vengano catturati ben 20mila animali all’anno, i quali vengono successivamente rivenduti a un prezzo di 5 euro ciascuno.

Oltre alle questioni legate alla caccia e al consumo, il ghiro è diventato anche un simbolo simbolico e rituale per la ‘ndrangheta, l’organizzazione criminale calabrese. Le cosiddette “mangiate” di ghiri seguono riti come i battesimi, che rappresentano le iniziazioni dei nuovi affiliati, oppure gli incontri che sanciscono alleanze o risolvono dispute tra diverse cosche. L’offerta di piatti a base di ghiri agli ospiti non solo li lega con un patto difficile da rompere, ma sfida anche la legge dello Stato, riaffermando l’esistenza di regole locali e il potere della ‘ndrangheta.

La tradizione del ghiro in Calabria rappresenta quindi una testimonianza di una cultura antica e radicata, ma è anche simbolo di una realtà sociale e criminale complessa e problematica. Questa pratica va affrontata con fermezza non solo per preservare una specie protetta, ma anche per contrastare il potere illegale della ‘ndrangheta e promuovere il rispetto della legalità e dei valori sociali condivisi. Preservare l’habitat del ghiro e garantire la sua protezione è una responsabilità di tutti noi, al fine di preservare la biodiversità e il fragile equilibrio ecologico del nostro pianeta.