Capita sempre più spesso di imbatterci in vere e proprie diatribe sull’uso e l’allevamento di farine di insetti, soprattutto in Italia dove l’orgoglio del Made in Italy è particolarmente sentito. Polemiche simili le abbiamo già viste con la carne sintetica, ad esempio.
All’estero, l’uso di insetti come fonte proteica e quindi alimentare è una realtà diffusa attorno alla quale non si crea alcuna polemica, anche perché l’emergenza alimentare è un problema serio che in qualche modo occorre risolvere.
D’altronde, che differenza ci sarebbe tra una lumaca e un grillo? Oppure tra una larva del casu marzu o del formaggio du’ quagghiu e un altro insetto?
È sicuramente un dibattito che fonda le sue radici in un contesto culturale infatti sarebbe abbastanza difficile immaginare un ragù con il Tenebrio molitor; eppure a Catanzaro le lumache sono uno dei piatti tipici locali. L’offerta territoriale è alla base di tante scelte enogastronomiche anche importanti, ma se gli allevamenti di grilli diventassero locali?
A tutto ciò occorre aggiungere anche il fatto che l’industria alimentare inserisce ingredienti e additivi ben più innaturali e magari pericolosi di una farina di grillo.
Slow Food: “C’è ancora molta strada da fare prima che gli insetti diventino un prodotto comune nei supermercati.”
Slow Food ha intervistato Juan Antonio Cortés, un allevatore di insetti destinati all’alimentazione umana, per cercare di capire come sarà il futuro della gastronomia e di ciò che potrebbe significare per l’economia.
“La parte interessante è che gli insetti possono essere nutriti con rifiuti organici che nessun altro animale mangerebbe. Questo eviterebbe la competizione con altri animali da allevamento. Inoltre l’alternativa per i rifiuti organici è lo smaltimento in discarica oppure il compostaggio (ma un’azienda di compostaggio comporta costi maggiori). Inoltre, questo allevamento utilizza molta meno terra e acqua rispetto ad altre colture e animali da allevamento. Certo, ora il prezzo di mercato è ancora alto – la farina di larve costa da 1900 a 3500 euro per tonnellata – ma è in diminuzione.”
“Le larve di insetto rivelano dunque un aspetto interessante, forse addirittura più del loro valore alimentare. Possono rivelarsi grandi alleati nello sviluppo di progetti di economia circolare, riciclando rifiuti organici: i residui prodotti in agricoltura e perfino quelli organici prodotti dalle città, e anche nei Paesi più poveri, dove è difficile alimentare bene gli animali da cortile. Il progetto Sustavianfeed si propone di esplorare proprio questo aspetto. Nei prossimi mesi potremo commentarne i risultati.”
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