Associazione ‘Città Visibili’: alla scoperta di Saracena

tarantella calabrese
tarantella calabrese

Saracena: un viaggio attraverso la storia millenaria, l’arte sacra e la vibrante festa della tarantella calabrese 2024 nel borgo tra le valli del Parco Nazionale del Pollino

L’ Associazione “Le Città Visibili” fa tappa a Saracena, dove siamo accolti calorosamente dalla presidente della Pro Loco “Sarucha” Elisa Montisarchio, dall’Associazione culturale-ricreativa Santa Maria del Gamio e dal suono di strumenti tradizionali che allietano i vicoli in occasione della Festa della Tarantella Calabrese 2024, organizzata dall’Associazione culturale “Á pide férme – Musica tradizionale popolare”.

Il paese si trova ai confini meridionali del Parco Nazionale del Pollino, vanta origini antichissime documentate da ritrovamenti risalenti all’Età del Bronzo e fu un’importante città enotria fino a subire, intorno all’anno mille, l’occupazione dei saraceni. L’insediamento arabo ha dato origine all’odierno insediamento e l’ha configurato per sempre, segnandone l’impianto urbanistico e l’architettura.

La kasbah è incastonata sul pendio di una valle naturale, verde e selvaggia, circondata da boschi secolari. Le strade si intersecano, anguste e tortuose, su vari livelli: tra scale sospese si aprono su piccoli spiazzi o si nascondono sotto piccoli archi o in vicoletti senza uscita. Il sottosuolo è ricco di grotte, alcune ancora accessibili dai pianterreni delle stesse abitazioni.

A tratti si intravedono ruderi che testimoniano il periodo medievale e le porte di accesso al paese (chi sostiene fossero quattro, chi cinque). In Piazza Santo Lio ci aspettano Francesco Russo, membro della Pro Loco addetto alla comunicazione, insieme ai ragazzi del Servizio civile della Pro Loco, che ci guideranno nelle visite alle chiese. Partiamo da quella del Patrono, San Leone, la più ampia di Saracena, edificata sui resti di una chiesa di culto bizantino, a croce greca iscritta in un quadrato.

Il periodo, come ci illustra il professor De Marco, è ascrivibile al periodo romanico maturo e al primo gotico calabrese. Di questo periodo rimane il campanile a pianta esagonale con trifore romaniche, mentre l’esterno è caratterizzato dal notevole portale cinquecentesco fatto eseguire dai Principi Sanseverino. Dello stesso secolo è il portale laterale, scolpito in pietra calcarea da scalpellini locali.

L’interno è in stile barocco e diviso in tre navate. Sulla volta della navata centrale vi sono degli affreschi che raffigurano quattro episodi del Vecchio Testamento, quali il “Sacrificio di Isacco”, “Giuditta e Oloferne”, “Il buon Pastore” e l“’Incoronazione della Vergine Maria”. La chiesa fu consacrata a San Leone nel 1224 da Guglielmo, vescovo di Bisignano, e subì vari ritocchi nel ‘600 e nel ‘700 come all’interno ci fa notare il professor De Marco, mostrandoci varie opere d’arte di notevole interesse e pregio artistico, tra cui balaustre policrome in marmo, statue in marmo e in legno (pregevole la statua lignea di San Leone, scolpita nel 1780), dipinti, busti reliquiari, calici argentei, ostensori, un notevole fonte battesimale con leone accovacciato e un ciborio marmoreo cinquecentesco con dettaglio in bronzo.

Francesco ci racconta che, a Saracena, la ricorrenza della festa di San Leone, si svolge due volte l’anno, ogni sei mesi: una volta d’inverno, a Febbraio, un’altra volta ad Agosto. Quella del 19 Febbraio è la festa principale che, intorno ai falò (“i fucarazz”) della vigilia presenta le sue tradizioni alimentari, innaffiate dall’ottimo moscato, i suoi canti e balli tradizionali, come in un nuovo colorato Carnevale.

Ci dirigiamo, poco dopo, nell’antica Chiesa di Santa Maria del Gamio o delle Nozze (dal greco “gamos”, nozze, con probabile riferimento a quelle di Cana ) costruita presumibilmente tra i secoli X e XI a.C. Alla chiesa si accede da un cancello in ferro, costruito, e collocato sul luogo, nella seconda metà del XIX secolo. Davanti al cancello ci sono due porte: quella più antica risale ai primi anni del XVII secolo, mentre l’altra venne realizzata nel 1872, in seguito ai lavori di ampliamento della struttura.

L’interno della chiesa, ricco di opere d’arte, è a tre navate. La navata centrale si presenta con un maestoso soffitto a cassettoni lignei intagliati e dorati, opera degli artigiani Jacopo Lanfusa e Vincenzo de Untiis che la realizzarono tra il 1619 e il 1628. Appena entriamo, sulla sinistra, notiamo l’altare con una bellissima statua della Madonna delle Grazie. Numerose ed importati opere d’arte arricchiscono la chiesa: un’acquasantiera del XVIII secolo, un fonte battesimale seicentesco come l’altare dedicato a San Gaetano, altari in legno intagliato e dipinto del XVIII sec., statue e dipinti di notevole valore tra i quali spiccano le “Nozze Mistiche di S. Caterina” di Paolo di Maio del 1756.

L’unica cappella della chiesa è dedicata a Sant’Innocenzo Martire, protettore della parrocchia. Nella sacrestia è conservato un bel polittico su tavola della metà del Cinquecento, tra le cui raffigurazioni spiccano San Biagio e San Francesco di Paola. Alla base della struttura, sotto due colonne, sono posti gli stemmi dei Sanseverino, signori di Saracena, e della città. Di notevole interesse è anche il pancone sottostante, di bottega artigiana locale, risalente alla metà del XVII secolo.

Attiguo alla sacrestia si trova il Museo di Arte Sacra dove si conservano due ostensori settecenteschi di Salvatore Vecchio, una croce processionale della metà del seicento e un dipinto raffigurante la Madonna della Purità realizzato tra il XVII e il XVIII secolo, oltre a reliquiari, documenti di archivio, argenterie e fastosi paramenti antichi in velluto e seta. Ci rechiamo successivamente nella splendida Chiesa di Santa Maria delle Armi (dal greco Ton Armon, ossia delle grotte), già presente nel 1063 negli elenchi dei possedimenti dei Conti di Puglia.

La chiesa è di medie proporzioni e al suo interno il pezzo più importante è l’affresco del XV sec. raffigurante la Madonna del Latte con il Bambino Gesù al quale offre un fiore. La Vergine è raffigurata su un trono, lo sfondo è rosso carminio, colore simbolo di regalità, decorato da motivi floreali. Da una porta laterale si accede a un terrazzino che dà sulla gola del fiume Garga e sulle montagne del Caramolo. Lasciata la Chiesetta dell’Armi, Francesco e Giovanni ci anticipano di una prossima pubblicazione in merito all’importantissima scoperta in un’altra chiesetta saracenara che contiene preziosi affreschi, in corso di restauro.

Concluso il tour di Saracena, ci avviamo nei locali del palazzo Mastromarchi, ospitante la Pinacoteca Andrea Alfano che custodisce oltre 230 opere di artisti italiani e stranieri del Novecento, dove sorseggiamo il famoso Moscato Passito di Saracena, selezionato da Slow Food come uno dei vini più preziosi d’Italia, accompagnato da squisiti “cannaricoli”, dolci tipici con il moscato nell’impasto, fichi al forno farciti e formaggio locale. Dalla piazza arrivano le musiche e l’allegria delle tarantelle e, prima di rientrare, ci immergiamo nell’euforia e nella calorosità saracenare all’insegna del folklore, dell’enogastronomia e della tradizione!

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