Un settore in evoluzione: come l’artigianato si sta adattando ai cambiamenti sociali ed economici
In Italia, sta avvenendo un’erosione costante ma inarrestabile del numero di artigiani, segnando un declino graduale anno dopo anno. Questo fenomeno, sebbene meno accentuato al Sud, trova una resistenza più tenace nei mestieri dell’artigianato di questa regione. La Calabria, in particolare, emerge come una delle regioni con minori cessazioni nell’ultimo decennio. Questo dato è stato certificato dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, il quale ha elaborato una graduatoria nazionale basata sui dati dell’Inps.
Dal 2012 al 2022, l’intero territorio italiano ha visto una diminuzione di quasi 325.000 artigiani attivi (-17,4%), passando da 1.542.299 a 1.866.904 unità.
Secondo la nota esplicativa del rapporto, “non solo i giovani dimostrano sempre meno interesse nel lavorare in questo settore, ma anche coloro che hanno esercitato il mestiere per molti anni, ma non hanno ancora raggiunto l’età pensionabile o il requisito contributivo per la pensione, spesso preferiscono chiudere la partita IVA e rimanere nel mercato del lavoro come dipendenti. Questa scelta, rispetto a quella di un artigiano, offre sicuramente minori preoccupazioni e maggiore sicurezza.”
Tra le province calabresi, Reggio Calabria è quella che ha subito la minore flessione, con una diminuzione dell’7,2% degli artigiani attivi dal 2012 al 2022. Il numero è passato da 10.560 a 9.797 (-763). Segue Vibo Valentia, con una diminuzione del 9,9%, passando da 3.223 a 2.904. La situazione è più difficile a Catanzaro (-14,9%), con una riduzione da 7.824 a 6.662 (-1.162); successivamente, si trova Crotone (-16,0%), che ha visto chiudere 582 attività, passando da 3.638 a 3.056. Infine, la provincia di Cosenza è passata da 15.065 a 12.588 (-2.588), segnando una diminuzione del 16,4%.
La Cgia di Mestre sottolinea che in Italia “ormai molte attività artigianali sono in via di estinzione,” un fenomeno che incide negativamente sull’ambiente urbano, rendendo le città meno popolate e meno sicure, specialmente nelle zone periferiche. “Non solo il numero degli artigiani diminuisce, ma anche il volto del paesaggio urbano sta cambiando. Le botteghe artigianali, che ospitano calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, sarti e altri, stanno scomparendo progressivamente. Queste attività, spesso a conduzione familiare, hanno caratterizzato la storia di quartieri, piazze e strade delle nostre città, conferendo loro un’identità unica.”
Tuttavia, ci sono anche segnali positivi legati alla nascita di nuove attività artigianali. Settori come il benessere e l’informatica stanno vivendo un’espansione. Ad esempio, si registra un costante aumento di acconciatori, estetisti, tatuatori e una decisa espansione nel settore informatico, con sistemisti, esperti di web marketing, video maker e specialisti dei social media. Tuttavia, l’Ufficio Studi autore della ricerca fa notare che “purtroppo, l’aumento di queste attività non è sufficiente a compensare il numero di chiusure nel settore dell’artigianato tradizionale, portando a una costante diminuzione del numero complessivo degli artigiani.”
Le cause di questo crollo vengono individuate nell'”aumento dell’età media, causato principalmente da un ricambio generazionale insufficiente”. Inoltre, c’è la “feroce concorrenza della grande distribuzione e, negli ultimi anni, anche dal commercio elettronico”. L’aumento dei costi degli affitti e delle tasse a livello nazionale e locale ha spinto molti artigiani ad abbandonare l’attività.
Nell’ultimo decennio, le province di Vercelli e Teramo hanno registrato la maggiore diminuzione in Italia, entrambe con un calo del 27,2%. Seguono Lucca con -27%, Rovigo con -26,3% e Massa-Carrara con -25,3%. Al contrario, le flessioni minori sono state osservate a Trieste con -3,2%, Napoli con -2,7% e infine Bolzano con -2,3% di artigiani attivi.