Se c’è un ambito in cui Catanzaro ha dimostrato negli ultimi anni di non volersi “arrendere”, è quello della produzione culturale. Il riferimento non è tanto ai Grandi Eventi, prestigiosi e comunque in grado di camminare sulle proprie gambe, pur non senza difficoltà, quanto alle realtà più circoscritte, storicamente più radicate sul territorio; quelle che svolgono la funzione irrinunciabile di creare un tessuto sociale nel senso più ampio del termine. Realtà che oltre a garantire un’offerta culturale di qualità, riescono anche ad aggregare, a favorire gli scambi all’interno della comunità, a rafforzarne i tratti identitari. Parliamo di attori della vita cittadina che svolgendo la loro funzione precipua nelle diverse branche, favoriscono al contempo processi di crescita civile oltre a creare economia.
Purtroppo però sono proprio questi operatori ad aver scontato e a scontare tutt’ora la mancanza di politiche, di progettualità, di visioni che puntino a strutturare e rafforzare quel loro ruolo, che abbiamo visto essere così importante. Professionisti del settore, compagnie teatrali, scuole di musica, di teatro, di danza, gestori di spazi pubblici, mondo dell’associazionismo; tutti hanno lavorato, investito, resistito alle difficoltà e non solo quelle derivanti dalla pandemia. Ma lo hanno fatto nell’indifferenza generale di chi, chiamato al governo cittadino, avrebbe dovuto dare sostegno concreto, avere ben altra cura di loro, che costituiscono uno dei baluardi veri contro il declino della Città capoluogo.
A volerli elencare tutti, si rischierebbe di far torto dimenticando qualcuno. Limitiamoci quindi a un paio di esempi, per così dire di lungo corso. La Casa del Cinema, realtà istituzionale del Comune di Catanzaro che insieme alla Cineteca della Calabria, pur senza una sede adeguata e senza beneficiare mai di un solo euro di contributo comunale, ha da sempre promosso progetti e iniziative di grande qualità che hanno dato lustro all’Ente e alla Città. Negli anni in cui le sale storiche erano ancora chiuse, Casa del Cinema e Cineteca, con il sostegno ventennale del Ministero dei Beni Culturali, hanno promosso la consueta stagione di cinema d’essai seguita da centinaia di fruitori. Importanti anche le iniziative “La Luce della Diocesi” e “Visioni della Fede” promosse con l’Arcidiocesi Metropolitana; le rassegne “Opera a Sud” e “Spazio Libero Filmaker”; le mostre come il percorso didattico-artistico “Roomantica” realizzato con la Scuola di Alta Formazione dell’UMG; le prestigiose pubblicazioni, su cui spicca “Lettere dal Sud”, presentata al Festival del Cinema di Taormina e al Salone del Libro, dedicata al maestro Vittorio De Seta, di cui Casa del Cinema e Cineteca della Calabria detengono il fondo e la cui opera hanno sempre promosso e valorizzato.
Come non citare, poi, il lavoro e l’opera promossi dal Circolo Placanica, che pur non potendo beneficiare neppure di uno spazio adeguato da parte dell’Amministrazione comunale, come forse avrebbe meritato, continua ad essere il cuore pensante e dialogante di una cultura catanzarese che cresce come spazio di aggregazione democratica, e sostenendo quando è possibile i nuovi talenti. O, infine, il prestigioso progetto Gutenberg, consolidata realtà cittadina ma di respiro nazionale, apprezzata in tutta Italia, presente sulle grandi testate giornalistiche, concentrate di norma sulle peggiori negatività della regione.
È grazie a tutto questo che è possibile smentire il luogo comune secondo cui “a Catanzaro non c’è niente”. A Catanzaro c’è tanto e dovremmo considerarci fortunati per questo. Il vero punto è che vogliamo che ci sia di più. Dobbiamo far sì che ci sia di più. Gli operatori culturali hanno bisogno di interlocutori istituzionali pronti, attenti, capaci di dare sostegno concreto quando è necessario ma anche di favorire il dialogo, la rete, le sinergie, il progetto. Quel progetto che oltre a mantenere alta la qualità dell’offerta culturale, oltre ad agevolare la fruibilità di un’offerta così ampia, potrebbe anche costituire una chance per giovani che di cultura vorrebbero vivere, per formarsi, se non altro, nella loro terra e poi decidere liberamente del loro futuro.