Preservare il patrimonio: la sfida della conservazione del Monastero
Nella suggestiva cornice di Curinga, un piccolo comune nella provincia di Catanzaro, si erge un simbolo intriso di storia e spiritualità: il Monastero di S. Elia Vecchio. Benché il tempo abbia inflitto il suo marchio, questo monumento si erge ancora fiero, testimoniando una lunga narrazione caratterizzata dallo spirito basiliano e da una fede che è stata rifugio non solo per l’anima, ma anche per il corpo.
L’architettura del monastero racconta il suo passato. La sua struttura, anche se parzialmente scalfita, conserva i segni del “Sancta Sanctorum”, un vano di forma quadrata coronato da una cupola, che resiste in uno stato di conservazione sorprendente. Questo è solo uno dei frammenti architettonici che testimoniano l’antica grandiosità del luogo, insieme a parti della navata e dei resti del cenobio che fu.
Originariamente abitato dai monaci basiliani, il monastero fu successivamente ereditato dai Carmelitani nel 1632. Questo passaggio di proprietà ha lasciato un’impronta unica sulla struttura, testimoniando la varietà di influenze che hanno arricchito la sua storia. Tra gli elementi che ancora resistono, c’è traccia di un piano superiore, anche se le prove di esso sono ormai esigue.
Nel 1991, un’importante campagna di scavi ha dato nuova vita alla storia sepolta del monastero. Durante questa operazione, emersero dettagli preziosi, come la cella del priore, il corridoio centrale e la suggestiva Cappella di S. Elia. Questi ritrovamenti hanno permesso di gettare nuova luce sulla vita e sulle attività che un tempo animavano questi sacri corridoi.
Il Monastero di S. Elia Vecchio a Curinga rappresenta non solo un simbolo architettonico, ma anche un custode del passato, un ponte tra epoche e tradizioni. La sua presenza continua a ispirare riflessioni sulla profondità della fede e sulla persistenza dello spirito umano attraverso i secoli.