Omaggio a Vittorio de Seta con la partecipazione di Eugenio Attanasio, Mimmo Calopresti e Pino Zappalà presso lo stand della Regione Calabria al salone internazionale del libro di Torino con la presentazione del volume Vittorio de Seta/Lettere dal Sud curato da Eugenio Attanasio insieme a Mariarosaria Donato e Domenico Levato. Continua l’opera di valorizzazione del patrimonio filmico di uno degli ultimi maestri del cinema che la Cineteca della Calabria porta avanti da oltre vent’anni, da quando per prima tra le Cineteche italiane, inizio’ a ristampare le sue pellicole. La pubblicazione presentata al Taormina film festival e alla popolare trasmissione radiofonica Hollywood Party, attualmente in tour nazionale e internazionale, raccoglie lettere inedite, diari, articoli, conversazioni e testimonianze ripercorrendo alcuni momenti piu’ significativi, del regista e dell’uomo, avvalendosi di contributi autentici e qualificati di intellettuali, giornalisti e persone che lo hanno conosciuto realmente, come il giornalista fondatore e presidente del Premio Mar Jonio Luigi Stanizzi, l’intellettuale Davide Cosco, il noto agronomo Franco Santopolo, l’architetto Salvatore Tozzo, oltre naturalmente che di Angela Megna e Isabella Musacchio.
Un prodotto editoriale importante che giunge al termine di un lungo lavoro effettuato dalla Cineteca della Calabria sul regista, che prosegue nelle scuole con i progetti di alfabetizzazione e di divulgazione del cinema antropologico, e che oggi storicizza l’impegno della Cineteca nel tenere viva la memoria e indirizzare nuovi cammini di studio e ricerca. Non solo un percorso culturale ed una eredità intellettuale della Cineteca della Calabria ma anche una grande amicizia tra Vittorio De Seta e Eugenio Attanasio che ha incluso anche ricordi personali della figlia Francesca e della nipote Vera Dragone, attrice e cantante, esponente di una famiglia che si divideva tra il cinema del nonno Vittorio e il teatro della nonna Vera Gherarducci. Nell’opera si racconta dei viaggi e dei lunghi ritorni nel meridione di un maestro del cinema che ha saputo raccontare cinquant’anni di società italiana con lo sguardo dell’antropologo e la sensibilità dell’artista.
La sua avventura comincia nel 1954 tra Calabria e Sicilia, quando il giovane Vittorio inizia la sua prestigiosa carriera di documentarista, in trasferta da Roma dove ha lasciato la giovane moglie, Vera, alla quale racconta, in un piccolo epistolario qui raccolto, le cose che gli succedono davanti agli occhi. Incontri epocali, come quello con Alan Lomax e Diego Carpitella, che ha suscitato dibattiti tra gli etnomusicologi, per le collaborazioni e l’utilizzo delle musiche. Il regista e i due ricercatori compiono un percorso parallelo di ricerca, tra musica e documentazione antropologica, che viene citato ancora oggi per la ricchezza dei materiali. Qui gli si rivela di una realtà, quella del meridione, fatta di contadini, pastori, pescatori, minatori, affascinante, misteriosa, dove si lotta contro la natura per sopravvivere, a lui, studente di architettura che ha provato, senza restarne particolarmente coinvolto, il mondo del cinema di fiction con Jean Paul Le Chanois. Organizza riprese con le tecniche del cinema americano dell’epoca: il grande formato cinepanoramico, il cinemascope il 35 mm colore, l’assenza della voce fuori campo, laddove per il documentario si utilizzava al tempo il bianco e nero, il formato quadrato, il voice over che spesso appesantiva la visione. Ma soprattutto capisce con straordinaria intuizione che di li’ a qualche anno quella vita ancora arcaica si sarebbe trasformata, che i pescatori dello Stretto si sarebbero motorizzati per cacciare il pesce spada, che nelle campagne sarebbero arrivati i trattori , anzi il deserto, perché l’industrializzazione avrebbe richiamato le masse bracciantili per farle diventare operai. Questo mutamento nella società italiana viene accuratamente studiato oggi grazie al lavoro di de Seta e altri documentaristi che scelgono questa porzione di paese dimenticata. Il viaggio tra Sicilia, Sardegna, Calabria dura cinque anni per girare dieci preziosi documentari, autoprodotti, che segnano la carriera e lo preparano al passaggio al lungometraggio. Ma chi era veramente Vittorio de Seta, rampollo di una nobile e ricca famiglia del Sud, intellettuale comunista e figlio di una madre dichiaratamente e convintamente fascista con la quale avrà un rapporto conflittuale, tanto da girare questo film “ Un uomo a metà” come tentativo di autoanalisi; sarà lui stesso a presentare lo psicanalista Barnard a Fellini. Nel libro, De Seta parla di “cinema come metodo”, per capire lui stesso delle cose, lui che era così fuori dagli schemi della produzione cinematografica, da vendersi un palazzo a S. Giovanni in Laterano per fare un film che spacca il mondo della cultura italiana; chi lo accusa di decadentismo, chi di individualismo, ma Moravia e Pasolini escono per difenderlo con due bellissimi pezzi giornalistici.