La manna calabrese: un patrimonio nascosto

manna calabrese
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La manna: un tesoro dimenticato delle montagne, alla scoperta della sua storia, della raccolta e dei segreti economici

La Calabria, gioiello nascosto dell’Italia, una volta era conosciuta per essere una delle maggiori produttrici di manna, una sostanza pregiate e purissima, spesso paragonata alla cera e al miele per la sua dolcezza. Questa manna preziosa aveva un duplice ruolo: come dolcificante naturale e come regolatore intestinale, ed era esportata all’estero, suscitando l’interesse di viaggiatori stranieri che rimanevano affascinati dalla sua produzione.

Le loro testimonianze sono un tesoro di dettagli sulla manna calabrese: i luoghi e le stagioni della raccolta, i proprietari degli alberi, i numeri e i guadagni degli operai, le tecniche di estrazione e produzione, le varietà di manna e le sue applicazioni mediche, oltre a come veniva commercializzata e ai profitti che ne derivavano.

Nell’Ottocento, autorevoli nomi come Duret de Tavel, Auguste de Rivarol, Orazio Rilliet, Gerhard vom Rath e Francesco Lenormant sostenevano che la manna più pregiata fosse ottenuta dall’olmo o dal frassino selvatico, che cresceva sulle montagne vicino a Corigliano e Rossano, al di sotto della fascia dei faggi e delle querce. Questi alberi potevano iniziare a produrre manna regolarmente dopo dieci anni e continuare per trenta o quaranta anni, anche se la produzione diminuiva con il passare degli anni.

Verso la fine di luglio, i contadini facevano piccole incisioni orizzontali nel tronco degli alberi, profonde circa un centimetro, utilizzando un falcetto. Poi posizionavano foglie di acero o fico d’India ai piedi dell’albero per raccogliere il succo vischioso che colava dalle aperture. Talvolta, il succo fuoriusciva naturalmente senza bisogno di provocare ulteriori ferite al tronco. La manna colava dalle prime ore del giorno fino alla sera, sotto forma di un liquido incolore e trasparente, e veniva raccolta al mattino, quando l’aria fresca notturna l’aveva essiccata, conferendole consistenza.

La manna di migliore qualità, conosciuta come “manna in lacrime”, era quella che rimaneva attaccata al tronco e ai rami, preservando così la sua purezza. La “manna comune”, meno ricercata, cadeva semplicemente sul terreno, dove veniva raccolta dalle foglie stese a terra per raccoglierla durante la caduta.

Tuttavia, la raccolta della manna era un’attività gravosa e spesso oppressiva per i contadini calabresi. I viaggiatori stranieri lamentavano che la manna era considerata una delle più pesanti tasse dovute al sovrano. Era severamente vietato possedere anche una piccola quantità di manna senza il consenso del re. La produzione era affidata a compagnie che trattavano i contadini in modo spietato, costringendoli a lavorare in condizioni inumane durante la stagione di raccolta, nei mesi di luglio e agosto.

Il governo era così geloso di questo prezioso prodotto che inviava guardie armate nei boschi per sorvegliare i raccoglitori e sparare su chiunque si avventurasse senza l’accompagnamento di una persona autorizzata. I raccoglitori potevano consumare quanto volevano, ma qualsiasi furto veniva punito con la morte.

La produzione era un processo intricato. Si facevano incisioni orizzontali sui tronchi degli alberi, da cui la manna colava e veniva raccolta in piccoli recipienti. Si utilizzavano grandi foglie spinose dei fichi d’India ai piedi dell’albero per catturare la manna che scendeva dalle incisioni. Questo succo fluiva lungo il tronco o, se necessario, lungo le foglie, prima di essere raccolto.

La manna poteva variare in colore e sapore a seconda dell’albero da cui proveniva. Quella estratta dagli orni era bianca come la cera, mentre quella proveniente dai frassini aveva un tono più dorato. La manna veniva venduta a prezzi elevati, spesso a 7 talleri l’oncia o 50 talleri per 6 once. Tuttavia, il segreto delle quantità totali raccolta e degli introiti reali del re rimaneva avvolto nel mistero, gelosamente custodito contro l’accesso degli stranieri.

In conclusione, è una sostanza dolce e preziosa, rappresentava una delle risorse più significative della regione. La sua produzione era una pratica tanto affascinante quanto impegnativa, con una storia intricata di controllo regale, condizioni di lavoro spietate e misteri economici, con la sua dolcezza naturale e le sue applicazioni benefiche, era davvero un tesoro nascosto.