Le miniere d’argento di Longobucco: dall’antico splendore alla decadenza, la storia del più grande giacimento del sud tra ricchezza, abbandono e tentativi di rilancio
LONGOBUCCO (CS), 12 FEB 2025 – Le miniere d’argento di Longobucco rappresentano una delle testimonianze più affascinanti dell’attività mineraria nel Sud Italia. Situate nel cuore della Calabria, queste miniere hanno una storia millenaria che affonda le radici nell’epoca dei Sibariti e dei Crotoniati, che sfruttavano la preziosa galena argentifera per coniare monete e realizzare manufatti in argento.
Nonostante il passare dei secoli, l’importanza delle miniere di Longobucco non è mai venuta meno, attirando l’interesse di diverse popolazioni fino al XVIII secolo. Anche nel XX secolo sono stati fatti tentativi per rilanciare l’estrazione, come quello del 1959 da parte del Cavaliere Mario Celestino, ma i costi elevati e le difficoltà economiche ne hanno impedito la ripresa su larga scala.
Ancora oggi, Longobucco è considerato il più grande giacimento argentifero del Sud Italia, con una rilevanza storica e geologica che supera di gran lunga altri siti minori presenti in Calabria, come l’argentera di Bivongi o alcune zone dell’Aspromonte. La galena argentifera estratta era costituita per il 70% da piombo e per il 30% da argento e veniva lavorata con tecniche ingegnose, tra cui lo “zunfo”, che prevedeva l’uso di grandi vasche d’acqua per erodere la roccia e facilitare l’estrazione del minerale.
L’estrazione dell’argento era resa ancora più ardua dalle condizioni climatiche: situate a 1.500 metri d’altitudine, le miniere erano spesso inaccessibili nei mesi invernali a causa della neve e del gelo. Per questo motivo, i minatori lavoravano solo per un periodo limitato dell’anno, interrompendo l’attività in estate per dedicarsi all’agricoltura.
Oltre al valore economico, le miniere di Longobucco hanno avuto un ruolo strategico nella storia della Magna Grecia. La loro ricchezza potrebbe aver contribuito all’espansione economica di Sibari e alimentato le rivalità con Crotone, dando origine a scontri e guerre che segnarono la regione.
L’attività estrattiva si è protratta fino al XVIII secolo, con tentativi sporadici di ripresa fino al 1900 e un ultimo tentativo documentato negli anni ’40 del Novecento, prima dell’abbandono definitivo per motivi economici. Oggi, le miniere di Longobucco sono un sito di interesse geologico, oggetto di studio per diverse università del Sud Italia.
Ma la loro storia non è fatta solo di dati e scoperte scientifiche. Attorno alle miniere ruotano anche leggende tramandate nel tempo, come quelle raccontate da Don Peppino De Capua, parroco del paese negli anni ’90, che parlava di draghi e creature misteriose, alimentando il fascino e il mistero legati a questi luoghi sotterranei.
Attualmente, le miniere di Longobucco sono al centro di un progetto di valorizzazione culturale e turistica, con l’obiettivo di trasformarle in un vero e proprio parco minerario. Percorsi guidati, aree musealizzate e itinerari escursionistici potrebbero offrire nuove opportunità di sviluppo e riscoperta di un patrimonio unico nel suo genere.
Per chi volesse visitarle, l’accesso è possibile solo con guide esperte del Parco Nazionale della Sila e guide ambientali escursionistiche, garantendo così un’esperienza immersiva e sicura alla scoperta di un passato straordinario che attende ancora di essere raccontato.