Il talento catanzarese Luca Viapiana è molto conosciuto in tutta la Regione per la sua spiccata creatività e fantasia. Nella sua ultima fatica il Mercante in fiera Calabrese ha elaborato diverse opere grafiche, ma in passato ha anche lavorato come regista e non solo, rilevanti risultano le opere figurative e quelle concettuali, insomma si è cimentato, e speriamo continuerà a farlo, in diversi ambiti creativi. È sempre un piacere parlare con lui perché in maniera diretta e divertente si racconta e lo fa ogni volta con un pizzico d’ ironia. Da qui nasce l’idea di ascoltarlo in una intervista. Le risposte rilasciate dal nostro protagonista risultano intense e interessanti, proprio dal dialogo traspare la personalità e il suo modo di essere. Superati i convenevoli di rito, molto amichevoli naturalmente, incalziamo con le domande.
Quando hai pensato di realizzare le tue ultime opere che narrano il difficile periodo che tutti stiamo vivendo? E in che modo hai avuto l’ispirazione?
Pochi giorni prima dell’inizio del lockdown ho ricevuto una telefonata da Stefano Morelli, amico e curatore con cui da tempo collaboro, che mi chiedeva come volessimo affrontare, da un punto di vista artistico, il particolare momento storico che si andava paventando. Mi sono subito messo al lavoro per realizzare tre chine sulla pandemia da Coronavirus, curioso io per primo di vedere cosa ne venisse fuori. Ho quindi disegnato “La Corona”, “La quarantena” e “La distanza”. L’input è arrivato conversando con lui, non ho avuto alcuna ispirazione di tipo irrazionale, per come essa viene generalmente intesa, anche perché quando mi dedico alla realizzazione di un’opera, soprattutto se si tratta di un’illustrazione a tema, lo faccio applicando un metodo analitico e con un approccio tendenzialmente scientifico.
Attualmente cosa bolle in pentola? Hai in cantiere qualcosa di nuovo?
Allo stato attuale voglio dedicarmi alla promozione del progetto “Il Mercante in Fiera Calabrese di Luca Viapiana”, che è stato presentato nel dicembre 2019 nella mostra dal titolo omonimo tenutasi a Catanzaro nel Centro Polivalente per i Giovani, curata da Stefano Morelli e realizzata grazie a Zatita Production e all’entusiasmo di tante persone amiche, senza alcun contributo economico pubblico. La diffusione di questa serie, costituita da 40 opere grafiche, richiederà tanto altro impegno. Vogliamo distribuirla in modo ottimale e capillare, organizzando nuove mostre ed eventi all’interno dei confini regionali e nelle comunità calabresi estere. Per info e approfondimenti si può consultare il sito www.mercanteinfieracalabria.it
Sei sempre circondato da amici molto particolari, che stimolano la tua creatività: ce ne vuoi parlare?
Mi reputo una persona fortunata. A livello formativo e professionale mi sono sempre potuto dedicare a ciò che mi appassionava, privilegio per pochi. Inoltre, ho amici di cui ho grande stima con i quali posso riscrivere costantemente il concetto stesso di amicizia, privilegio per pochissimi. Il fatto che queste due componenti spesso confluiscano in momenti condivisi di confronto o di scontro legato alle arti, ambito di pensiero libero nel quale mi sono sempre sentito me stesso, è per me un privilegio che mi riempie di gioia e piacere. I miei splendidi amici colgono, influenzano e caratterizzano quasi tutti i miei contenuti, artistici e non.
Cosa fai quando ti senti triste?
Cerco di godermi ogni istante, perché so per esperienza che ben presto mi annoierò di esserlo.
Ci racconti qualcosa del tuo assistente Omar? Un ragazzo Africano che cammina al tuo fianco nella vita?
Dal 2002 io sono tetraplegico a causa di un incidente stradale, ragion per cui vivo e mi sposto con l’aiuto di un assistente. La ricerca di un equilibrio con chi fornisce questo tipo di collaborazione è uno degli aspetti sicuramente più delicati e complicati, e in parte affascinanti, della mia incasinata condizione. Dallo scorso anno a ricoprire questo ruolo c’è Omar, un ragazzo proveniente dal Mali che nonostante la giovane età ha già avuto esperienze di vita importanti ed invasive che lo hanno reso una persona particolarmente responsabile e attraverso cui mi è venuto spontaneo riflettere su diversi aspetti relativi ai nostri parametri di paese europeo e alla nostra base culturale, tendente all’educazione di persone anagraficamente adulte spesso permanenti in una condizione psicologica infantile. Sono molto soddisfatto del nostro rapporto, sono sicuro che, a prescindere da quelli che saranno gli sviluppi futuri, il tempo tra noi condiviso rimarrà nell’economia complessiva delle vite di entrambi un passaggio costruttivo nodale.
Qual è stato il viaggio più bello che hai vissuto? Quello che invece sogni?
I viaggi a cui ripenso con più piacere sono quelli fatti in moto durante gli anni della mia esperienza universitaria. Dall’entroterra veneto alla Ciociaria, dalla Costiera amalfitana fino alle lande brulle del Casentino, esiste un’Italia disarmante e silente che mai ha smesso di stupirmi. Penso spesso che è proprio in quegli anni che ho colto il senso pieno e compiuto dell’appellativo “Bel paese”. Non so quali saranno i miei prossimi spostamenti, sicuramente quella del viaggio è una delle poche dimensioni capaci di riaccendere ed idratare, sempre e comunque, quei residui di innocenza tanto preziosi nel percorso di vita di un uomo che voglia perseguire una propria maturità.
Con le tue opere, ma non solo, sei capace di abbattere e far abbattere le barriere che possono sorgere nel rapportarsi con una persona diversamente abile: qual è il tuo segreto?
Nessun segreto, naturalmente. Una categorizzazione, specie se sociale, è una forma di inferenza che presuppone una distanza dal soggetto che si vuole definire. Nel campo della disabilità, in questo caso motoria, visto da vicino nessuno è disabile, intendendo il termine in un’accezione di ineguaglianza che vada oltre il mero svantaggio pratico. Credo di trasmettere una sensazione di parità non perché io non soffra le mie tante mancanze o perché io non viva tutti i limiti che una condizione estrema come la mia comporta, ma per il semplice fatto che io non ho mai percepito me stesso come persona assimilabile ad un gruppo e non ho mai interpretato la mia diversità oggettiva come una forma di distanza.
Come vedi il tuo futuro?
Non immagino il mio futuro, ho smesso da tempo di investire risorse mentali in questa pratica che reputo inutile, visto che si tratta di un qualcosa che in buona parte prescinde dalle mie volontà e velleità e visto che trovo fuorviante ipotizzare il mio domani con la percezione del mondo che ho oggi, visto che domani ne avrò una del tutto diversa.