Sarà una serata dedicata ai “calabresi alla ribalta” quella in programma domenica 6 marzo, alle ore 21, al Teatro Politeama di Catanzaro. Un appuntamento esclusivo che vedrà salire sul palco due artisti come Francesca Prestia e Saverio La Ruina che con i loro lavori sono riusciti portare in alto il nome della Calabria al di fuori dei confini regionali. Nella prima parte la cantastorie calabrese, reduce dai successi riportati in America e allo Sferisterio di Macerata dove si è esibita recentemente insieme a Roberto Vecchioni, proporrà “È un cannone non è un temporale”, una memoria musicale per i cent’anni della Grande Guerra. Per rileggere insieme alcune pagine di storia, Francesca Prestia condurrà gli spettatori in un viaggio, da Nord a Sud e viceversa, in cui saranno cantati, attraverso le voci di donne, l’amore, il dolore, i drammi e le sofferenze degli italiani. Appositamente per la serata sarà eseguita “La decimazione della Catanzaro”, con testi di Giovanni Sole, docente ordinario di Antropologia all’Unical, ispirata ai tragici fatti della storica Brigata. L’esibizione sarà arricchita dalla partecipazione straordinaria al pianoforte di Natalio Luis Mangalavite che ha collaborato con artisti del calibro di Fabio Concato, Ornella Vanoni, Javier Girotto, Peppe Servillo e Fabrizio Bosso. Accanto a lui ci saranno Salvatore Fiorentino al violoncello, Salvatore Familiari alla chitarra, Vittorio Romeo alla fisarmonica, Federica Santoro alla lira calabrese e Manuela Romeo ai cori.
Nella seconda parte della serata salirà sul palco Saverio La Ruina, drammaturgo conosciuto e rappresentato in mezza Europa e attore pluripremiato per l’originalità del suo approccio scenico e per l’indubbia qualità interpretativa. Lo spettacolo racconta la storia “d’amore” tra un uomo e una donna (interpretata da Cecilia Foti) o, meglio, il tormento che la donna vive a causa della morbosità di lui che, con spietato cinismo, la costringe a raccontare ogni singolo istante della sua vita alla ricerca di un presunto errore. L’uomo arriverà fino al punto di accusarla di aver meritato e, anzi, aver cercato la violenza carnale di cui è rimasta vittima anni prima. “Le botte sono la parte più fisica del rapporto violento di coppia – racconta La Ruina – l’uccisione della donna la parte conclusiva. Ma c’è un prima, immateriale, impalpabile, polvere evanescente che si solleva piano intorno alla donna, la circonda, la avvolge, ne mina le certezze, ne annienta la forza, il coraggio, spegne il sorriso e la capacità di sognare. Una polvere opaca che confonde, fatta di parole che umiliano e feriscono, di piccoli sgarbi, di riconoscimenti mancati, di affetto sbrigativo, talvolta brusco