Ad alcuni la vita non è cambiata di molto, durante l’emergenza sanitaria ancora in corso. Senza lavoro prima, senza lavoro adesso. E in un momento storico in cui anche sfamarsi sembra assumere i contorni di un’impresa impossibile, ecco che dai buoni spesa finanziati dalla Regione Calabria viene un’ulteriore spinta ad andare avanti. C’è, infatti, una larga fetta della popolazione cittadina che aspettava da tempo la seconda distribuzione dei buoni spesa da parte del Comune di Catanzaro, dopo aver fatto già domanda in piena emergenza la scorsa primavera.
Chi non ha saputo nulla la prima volta è stato poi raggiunto la seconda con il “passaparola” o tramite la stampa: quel che è certo è che la compilazione diretta delle domande per i buoni, che ha visto impegnato anche lo staff del CSV di Catanzaro (oltre all’assessorato alle Politiche Sociali e ad alcuni CAF) fino al 16 ottobre per due settimane di fila, sia al mattino che al pomeriggio, è stata accolta con favore da quanti vi si sono rivolti numerosi, pur avendo un computer a casa.
Interviste alle persone in fila
“Il rapporto diretto è un’altra cosa – ha dichiarato la giovane Maria, in fila davanti allo sportello del CSV in via Fontana Vecchia – Ho provato a compilare la domanda dal portale “Dema” del Comune, ma non ho ben compreso se l’invio della domanda fosse andato a buon fine oppure no. Così ho preferito venire qui, e devo dire che ho fatto bene, perché sono sicura che la mia richiesta sia stata inoltrata”.
E se così è per una giovane avvezza all’utilizzo del computer, figuriamoci per chi non ha mai visto un supporto informatico da vicino. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se il CSV sia stato letteralmente preso d’assalto nei primi giorni da famiglie di etnia rom, con tanti figli a carico, e da stranieri che di italiano capiscono poco o nulla.
Con loro il “passaparola” arriva prima, forse perché è spontaneo pensare che ne abbiano maggiormente bisogno; ma poi arrivano gli italiani, e scopri che la povertà è davvero sul tuo pianerottolo di casa, e che l’emergenza Covid ha contribuito a “stanare” una problematica preesistente.
La storia di Maurizio e di Nicola
Maurizio è in cassa integrazione, ha una moglie ed una figlia, ed una grande paura: che ritorni il “lockdown”. Con la chiusura totale, infatti, diventa più difficile anche solo cercarlo, il lavoro. E c’è anche chi, come Nicola, a 56 anni non lo cerca più: “Sono disoccupato da tre anni, vivo con mia madre ed ho problemi di salute – si è confidato Nicola – Sono appena uscito dall’ospedale per un intervento e forse dovrò tornarci. Ho pensato subito di venire qui a richiedere i buoni spesa, appena ho letto la notizia su internet. Almeno posso spenderli anche in farmaci, visto che non sto bene. Vivo ormai alla giornata, tanto chi offre più un lavoro ad uno della mia età?”.
Eva ha perso il lavoro a causa del Covid
Per Eva, giunta anni fa dalla Polonia, la vita è qui, e di tornare a casa non se ne parla. Anche se, lavorando come badante, ha perso il lavoro a causa del Covid. Ma quello che più le interessa ora è dare da mangiare a suo figlio, tutto il resto viene dopo. È strano, ma l’indigenza, dinanzi alla quale pure la paura del contagio perde la sua virulenza, ti porta ad essere più saggio ed a saper distinguere tra le priorità.
La storia di Mohmmed che vive in Italia da 20 anni
E nella scala dei valori la famiglia occupa sempre il primo posto, anche rispetto al lavoro: così è per Eva, ma così è anche per il giovane marocchino Mohammed, che vive in Italia da vent’anni e parla un italiano fluente con spiccato accento del nord. Si è presentato allo sportello del CSV per aiutare la sorella nell’inoltrare la domanda per i buoni, e ammette di non essersi minimamente pentito di aver lasciato l’occupazione in Trentino per dare una mano alla famiglia in Calabria.
“Ho due sorelle e una nipote di pochi mesi che hanno bisogno di me in questo momento – racconta Mohammed – Non abbiamo ottenuto il bonus bebè, almeno confidiamo nei buoni spesa, soprattutto per la bambina che ha bisogno di tutto. Io mi adatto anche con pane e acqua”. Ma il giovane Mohammed è pieno di risorse: “Ho sempre lavorato nel mondo della ristorazione, e mi auguro di poterlo fare anche qui, nonostante sia ben consapevole di quanto sia tutto più difficile ora a causa del Covid. Ma so anche che l’accoglienza del sud Italia ripaga sempre, e la preferisco al grigiore del nord, dove i soldi non mancano mai”.
Giulia e Gemma, dello staff del Centro Servizi
Dall’altra parte dello sportello, a compilare direttamente sul portale le domande, rendendole comprensibili a quanti si presentavano con carta d’identità, codice fiscale e modello Isee per inoltrare la richiesta, sono state Giulia Menniti e Gemma Coglitore dello staff del Centro Servizi. A loro avviso, il numero di richieste – duecento circa – non si è modificato nei numeri, rispetto ad aprile. È stato fatto un grosso passo in avanti in termini di trasparenza con la modulistica, non più in formato cartaceo, ma il bisogno persiste, a conferma di uno stato di disagio in città che va ben oltre l’emergenza Covid.
Al di là del vetro hanno raccolto le storie di chi ha perso il lavoro da poco, vive di sussidi o dichiara apertamente di lavorare in nero e di essere sfruttato. Tanti, poi, i cittadini in cassa integrazione o i percettori di reddito di cittadinanza che non hanno mai lavorato, che vanno ad assommarsi alle famiglie numerose monoreddito o che vanno avanti con la pensione della nonna convivente.
Fatti più o meno noti, che tuttavia “scandalizzano” per il loro continuo ripetersi e per la loro “ineluttabilità”, come se nessuno possa prendervi riparo, anziano o giovane che sia.