Il 1^ febbraio è una data molto importante per il riconoscimento dei diritti civili sia negli attuali Stati Uniti che in Italia.
Se giustamente molti quotidiani oggi riportano la conquista del voto per le donne italiane, nel 1945, c’è un altro importante fatto storico che riguarda gli USA.
Abramham Lincoln, lotta contro la schiavitù
Il 1^ febbraio del 1865 il presidente americano Abraham Lincoln firma un emendamento costituzionale che abolisce la schiavitù. Tant’è che il 1^ febbraio di ogni anno negli Stati dell’America settentrionale si ricorda questo avvenimento storico importante.
Febbraio non è solo il mese per festeggiare il President’s Day in onore di George Washington e di quando il Texas proclamò la secessione dagli Stati d’America, 1861, ma è purtroppo anche la Giornata della libertà nazionale. Questo giorno è soprannominato “della memoria corta” e si riferisce agli avvenimenti del 1^ febbraio 1876, quando il ministro degli Interni degli Stati d’America dichiarò guerra alla tribù Sioux. Una triste pagina della storia americana, dopo Lincoln.
Abraham Lincoln fu il sedicesimo presidente degli Stati Uniti (dal 1861 al 1865) e fu il principale artefice della vittoria degli unionisti nella guerra di secessione americana e dell’abolizione della schiavitù.
Lincoln prima firmò il Proclama di emancipazione (1863) grazie al quale liberò gli schiavi negli Stati della Confederazione; successivamente ratificò il XIII emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America, con il quale nel 1865 la schiavitù venne abolita in tutti gli Stati Confederati.
Tutto ciò, almeno sulla carta. Come sappiamo purtroppo il problema del razzismo è ancora molto sentito in USA e tanti altri avvenimenti storici, legati al Black Lives Matters e a ciò che lo precede, si sono succeduti dopo il Presidente Lincoln e le sue intenzioni.
1^ febbraio 1945, la conquista del voto femminile
Se negli USA si combatteva per il riconoscimento dei diritti civili degli schiavi, in Italia le donne avevano una vita limitata e vivevano episodi discriminatori.
Il 1^ febbraio 1945, in Italia si riconosce il diritto di voto alle donne.
Solo con il decreto legislativo luogotenenziale del 1^ febbraio 1945 n. 23 si concederà alle donne di almeno 21 anni il diritto di voto attivo. Mentre con il decreto legislativo luogotenenziale 10 marzo 1946, n. 74 concederà alle donne maggiori di 25 anni il diritto di voto passivo.
Una nota curiosa riguarda “le prostitute registrate che lavorano al di fuori delle case dove è loro concesso esercitare la professione”: saranno le uniche donne a essere escluse dal diritto di voto attivo come citato nell’articolo 354 del regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
Inoltre, le donne non potevano andare a votare indossando il rossetto perché, all’epoca, la scheda di doveva incollare e sarebbero potuti rimanere residui di rossetto sulla carta. In tal caso, il voto era nullo poiché la scheda elettorale poteva essere riconosciuta.
Il Consiglio dei Ministri era presieduto da Ivanoe Bonomi e riconobbe il voto alle donne su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. L’Italia si accodava quindi alle lotte per la conquista di questo diritto degli altri Paesi europei, in seguito a dei movimenti per i diritti delle donne.
– La propaganda di Benito Mussolini
Anche durante la guerra, il ruolo della donna nella società stava cambiando. Infatti, erano sempre di più le donne che lavoravano fuori dal nucleo familiare. Lo stesso Mussolini permise alle donne il diritto al voto amministrativo, già nel 1924. Ma si trattava solo di becera propaganda. Infatti, Mussolini emise le “leggi fascistissime”, a metà degli anni ’20, attraverso le quali annullò le elezioni comunali.
Conclusasi la triste pagina fascista, si arrivò così, dopo anni di lotte per il riconoscimento, al suffragio universale. La data è proprio quella di oggi: il 1^ febbraio del 1945. Una data storica importante non solo per le donne, ma per l’Italia.
Dal 1^ febbraio in poi il voto femminile lascia la sua impronta
Tra marzo e aprile del 1946 ci furono le prime elezioni amministrative. L’affluenza fu massiccia e l’elezione di oltre 1000 candidate permise alle donne di governare la vita dei Consigli Comunali.
Ma il vero risultato si ebbe con il famoso referendum in cui si doveva scegliere tra Monarchia e Repubblica. Il 2 giugno 1946, la partecipazione femminile fu un vero e proprio plebiscito.
Le donne elette alla Costituente furono solo 21 su 226 candidate, ma fu comunque un traguardo importantissimo per il contributo futuro. Grazie alle Madri costituenti ci fu un apporto sostanziale in termini di principi e di idee moderne. Ancora oggi vengono ricordate per ciò che concerne uguaglianza, parità e diritti civili.
Da allora, le donne hanno conquistato il diritto di voto e il diritto di partecipare alla vita politica del nostro Paese.
Ma se quel traguardo fu una vera e propria conquista, la strada per le donne è tutt’oggi in salita.
1^ febbraio 2022: ancora un futuro voltato alle disparità
“Su oltre 1500 incarichi di ministro assegnati in 70 anni di storia repubblicana le donne ne hanno ottenuti più o meno 80 (di cui circa la metà senza portafoglio). Alle ministre sono stati affidati incarichi prevalentemente nei settori sociali, della sanità e dell’istruzione. Nessuna donna ha mai rivestito l’incarico di ministra dell’Economia e delle finanze. Nessuna donna è mai stata nominata presidente del Consiglio né eletta – se ne è parlato non sempre a proposito tanto nei giorni appena trascorsi – alla Presidenza della Repubblica.” (Ilaria Romeo per “Collettiva)
Oggi, il diritto di voto alle donne compie dunque 77 anni. A un passo dal secolo di vita dal decreto legislativo, le donne sono ancora vittime di abusi e di pregiudizi. Se la donna moderna ha acquisito sicurezze, anche economiche, da un altro lato deve ancora farsi carico di disparità sociali e professionali, tipiche di una mentalità maschilista.
Un futuro ancora da costruire e, ancora una volta, toccherà alle donne italiane emanciparsi attraverso altre lotte.
Ancora oggi, nella lontana America, gli schiavi esistono. Magari hanno altri tratti e le persone di colore devono battersi per episodi di discriminazione e razzismo.
La Storia ci racconterà il futuro.