Se si parla di Carnevale e di Calabria è impossibile non nominare Giangurgolo!
Giangurgolo è una maschera maschile del Carnevale calabrese, legata alla commedia dell’arte. Il suo nome dovrebbe significare Gianni Golapiena o Gianni Boccalarga, cioè una persona persona chiacchierona e ingorda.
Il nome deriverebbe da: Gian che potrebbe essere la trascrizione di Zanni che in reggino significa “scherzi” (fari i zanni); e gurgolo che significa bocca larga. Tra l’altro, l’espressione “zanniare” fa riferimento a un altro termine reggino “Facc’ i Maccu” che riporta al personaggio Maccus, servo poco intelligente delle Commedia Plautina, interpretato da molti Zanni della Commedia dell’Arte. Giangurgolo è la trasposizione di uno spaccone sempliciotto, dedito alle pratiche mangerecce poiché goloso.
Ma non solo.
Giangurgolo è anche un signorotto sfacciato, ruffiano e… bugiardo. Forte con i deboli e debole con i forti. Con le donne è un adulatore “barocco”, fingendosi erudito e raccontando bugie alle quali crede lui stesso per primo. Ma l’aspetto fisico è un suo limite perché, alla fine, le donne lo deridono. Infatti, ha un naso enorme che lo rende poco attraente. Ma poiché stiamo parlando di una maschera di Carnevale, tutte queste caratteristiche che in una persona vera sarebbero difetti, in un personaggio inventato per la Commedia dell’Arte, diventano ovviamente fonte di comicità e divertimento.
Giangurgolo indossa una maschera rossa sulla quale c’è un enorme naso. Sulla testa porta un cappello a forma di cono. Il vestito è costituito da un colletto arricciato alla spagnola, un corpetto a righe gialle e rosse, un cinturone con appesa una spada, dei pantaloni alla marinara, sempre a righe gialle e rosse, e delle calze bianche (o gialle e rosse).
Chi conosce la storia di questo personaggio sa che sia i colori sia le caratteristiche dei vestiti non sono casuali.
La storia della maschera di Giangurgolo
Non si conosce benissimo la storia di questa maschera calabrese, ma vi sono due teorie importanti.
Alcune fonti legate alle rappresentazioni teatrali gli attribuiscono come luogo di nascita Napoli.
Nel 1618, c’è infatti una notizia nella quale si informava che un attore di nome Natale Consalvo stava recitando nelle vesti di un certo Capitan Giangurgolo.
Nei secoli successivi, la maschera fu attribuita alla città di Reggio Calabria che la usava per deridere alcuni nobili siciliani decaduti i quali, dopo l’insediamento dei Savoia in Sicilia, si trasferirono in massa a Reggio Calabria. Nel XVII secolo, la maschera fu adattata anche per l’abbigliamento spagnoleggiante, per imitare, a mo’ di derisione, gli atteggiamenti dei cavalieri siciliani in terra calabra. La maschera sin da allora, ebbe un grande successo nelle rappresentazioni a fianco di sorelle più famose come Arlecchino o Pulcinella. Il suo abbigliamento riproduceva i colori degli Aragonesi ed era quindi una parodia per ridicolizzare i dominatori aragonesi e spagnoli.
In un’incisione, Jean-Claude Richard de Saint-Non descrive “i dintorni di Reggio” e vi appare la maschera di “Giangurgolo” mentre recita in una scena della commedia dell’arte vicino Reggio Calabria.
Nei dintorni di Reggio
Giangurgolo veniva rappresentato per mettere in imbarazzo i dominatori, facendone ironia e caricatura poiché considerati bravi a parole, ma di fatto erano solo arroganti e golosi. Secondo Giuseppe Petrai, autore de “Lo spirito delle maschere”, il carattere del personaggio si consolidò nella seconda metà del Settecento, come una delle infinite versioni del Capitano fanfarone e codardo, senza però mai acquisire un’identità forte.
Giangurgolo e Catanzaro
C’è però un’altra tesi riguardo l’origine della maschera e che lega il personaggio carnevalesco alla città di Catanzaro.
Pare che Giangurgolo fosse una persona realmente esistita tra la fine del 1500 e i primi del 1600.
Il Giangurgolo catanzarese nacque il 24 giugno 1596 in un convento di Suore nel quartiere della Stella. La leggenda narra che un giorno salvò uno spagnolo aggredito da alcuni briganti calabresi della Sila. Lo spagnolo morì, ma per riconoscenza, lasciò a Giangurgolo tutte le sue ricchezze e una lettera che conteneva la strategia di salvare la città. Giangurgolo cambiò il suo nome in Alonso Pedro Juan Gurgolos e iniziò, a modo suo, a contrastare l’occupazione spagnola. Insieme ad altri attori, organizzò uno spettacolo satirico in modo da suscitare l’indignazione tra il pubblico, incitando la rivolta. Dopo avere subito una condanna a morte, Giangurgolo si rifugiò in Spagna. Rientrato a Catanzaro andò a trovare il suo amico di teatro che però era ammalato di peste. Nell’abbracciare l’amico, Giangurgolo venne infettato e morì.
Enzo Colacino è il “Giangurgolo” ufficiale
Per chi conosce Catanzaro e la Commedia dell’Arte a lei legata, sa che un attore come Enzo Colacino non avrebbe mai potuto ignorare un personaggio come Giangurgolo. Infatti, da diversi anni il noto attore e cabarettista (nonché autore e regista di spettacoli in vernacolo catanzarese) lo rappresenta in giro per l’Italia, donando un po’ di popolarità alla maschera calabrese più famosa e forse unica. Diverse volte, Colacino ha rappresentato la Calabria a Parma, al Festival Nazionale delle Maschere, portando in scena la maschera del nostro Giangurgolo a un pubblico più vasto e interessato alla storia di un personaggio che è ormai parte delle nostre radici.