In questo 8 aprile 2020, alle soglie di una Pasqua decisamente insolita da vivere, occorre necessario cercare di fare il punto della situazione. Per quanto sia possibile farlo, visto che tutto è incentrato attorno al Coronavirus.
E per farlo bisogna osservare ciò che sta avvenendo sotto i nostri propri occhi. Oltre a medici ed infermieri, a tutti gli operatori sanitari, volontari e professionisti della Protezione Civile, Forze dell’Ordine, che combattono in prima linea per contrastare l’avanzata di questo nemico invisibile, ci sono “gli altri”.
Quelli che quotidianamente fanno il proprio lavoro. Senza essere definiti eroi, ma ciò non significa che non lo siano.
Perché con il proprio lavoro permettono di far rimanere in piedi quel poco dell’economia che resta e resiste, in questa pandemia mondiale.
E non si tratta solo di economia. Si tratta di garantire fornitura di beni di prima necessità. Significa poter dare alle famiglie la possibilità di continuare ad affrontare le proprie giornate, seppur stravolte nelle proprie abitudini, con ciò che serve per andare avanti.
Mai come in questo periodo potremmo “agganciarci” alla Piramide di Maslow per ricordare a noi stessi quelli che sono i bisogni primari e quelli che via via sono superiori e che possono essere soddisfatti solo dopo aver soddisfatto i primi.
Mai come in questo periodo la teoria gerarchica dei bisogni sviluppata da Maslow, sembra più appropriata.
Eppure, siamo in una società in continua evoluzione, e anche quei bisogni considerati primari hanno subito trasformazioni nel corso del tempo.
Pensiamo al discorso del premier Conte, dove sarebbe opportuno a parer suo, modificare la Costituzione, per inserire l’accesso ad internet come diritto costituzionalmente garantito a tutti i cittadini, per ottenere un’uguaglianza sostanziale e per evitare un “isolamento” sociale alle persone più povere.
Ma allora in un’epoca in cui si stanno stravolgendo le priorità, i criteri, gli obiettivi, i programmi. La domanda sorge spontanea: di cosa abbiamo realmente bisogno?
Prima di tutto abbiamo bisogno di un vaccino che possa mettere la parola fine a questo Coronavirus killer.
Prima del vaccino, per cui si ipotizza possa trascorrere un anno per il suo usufruirne, c’è bisogno di presidi medici e misure di sicurezza che permettano di ridurre ai minimi termini il contagio.
Per realizzare ciò c’è bisogno che un numero minimo di persone circoli per le città. In maniera da limitarne gli incontri, che potrebbero mettere a rischio la salute di noi stessi e degli altri.
Quindi un bisogno di tutelare la salute di tutti i cittadini, di tutte le persone, nel nostro Paese, così come nel resto del mondo.
Da qui il famoso decreto #iorestoacasa. E ciascuno di noi “eroicamente” e pieni di senso civico e garanti di un bene comune, stiamo compiendo questo grande sacrificio e questo grande gesto d’amore.
Ma certo, non tutto può essere fermato. Ed ecco che sorge un altro bisogno. Quello di soddisfare i bisogni di prima necessità. E per far ciò serve uscire per poter fare la spesa. Ecco che recuperiamo il concetto di “neccessario”.
Ed ecco che ritornano a riempirsi i negozi a dettaglio rimasti aperti, le macellerie, i piccoli alimentari. Lontano dalle grandi catene o dai grandi centri commerciali, che possono contribuire a creare assembramenti.
E allora eccoli lì, “gli altri” ad essere a nostra disposizione. Eccoli i “piccoli eroi” che silenziosamente fanno il proprio lavoro, senza rendersi conto che in questo momento stanno mandando avanti, per quanto si possa parlare di avanzamento in questo momento, l’Italia e non solo dal punto di vista economico.
C’è bisogno di loro: corrieri, fornitori, impiegati delle poste, addetti alle telecomunicazioni, all’assistenza, cassieri, addetti alle pulizie, autisti, impiegati che lavorano nel settore alimentare e nelle fabbriche di produzione che non possono essere sospese.
Poi ci sono gli imprenditori contemporanei, quelli in grado di modificare la propria linea di produzione in base all’esigenza di mercato, in base al valore sociale d’impresa. Molti hanno cambiato la propria linea di produzione per dedicarsi alla produzione di mascherine ad esempio.
Molte altre imprese da entità profit, si stanno trasformando in entità no profit, per venire in contro alle esigenze della popolazione.
Ecco che cambiano gli obiettivi ed i criteri di efficacia e di efficienza delle imprese che possono continuare ad operare.
È una situazione difficile. E ci vorrà tempo perché si possa tornare alla normalità.
Anche se, secondo chi scrive questo articolo, niente sarà più come prima. Questa “esperienza” del Coronavirus lascerà comunque un segno alla presente e futura società.
Anche a livello imprenditoriale, economico e finanziario, come ha ricordato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, si deve ripensare al concetto di produrre ciò che è utile, e non ciò che produce un utile. C’è una bella differenza.
E allora la storia di questa umanità del 2020 sarà segnata da un “A.C. e un D.C.” (Avanti Coronavirus e Dopo Coronavirus).
Chissà chi saremo quando ritorneremo in possesso delle nostre vite, delle nostre decisioni. Chissà se torneremo punto e a capo o se metteremo in pratica qualcosa di nuovo e di buono.
Che questa brutta esperienza, possa in qualche modo averci insegnato qualcosa di prezioso. Sta a ciascuno di noi capirlo, e comportarsi di conseguenza, nei confronti di noi stessi e degli altri.
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