I ragazzi immigrati imprecano e non sanno bene il perché

Purtroppo la società di oggi è espressione di quello che in realtà siamo, del nostro dannato modo di vivere. Da tempo ormai con l’esplosione dell’immigrazione gli italiani lavorano fianco a fianco dei fratelli immigrati, provenienti da lontano, principalmente dall’Africa o dall’Asia.

Infatti in Italia sono presenti Senegalesi, Maliani oppure Pakistani o Bangladesh ecc.

Ma perché li sentiamo imprecare? È possibile camminare per strada e ascoltare con le nostre orecchie frasi del genere.

Ma se si parla con loro, si capisce che hanno appreso questo brutto intercalare da alcuni Italiani, e lo ripetono come se fosse un atto liberatorio. Un modo per sfogarsi dalle fatiche di ogni giorno.

Ma non possono bastare le parolacce? Perché gli immigrati devono rivolgersi a chi tutto ha creato? Purtroppo, alcuni ragazzi lo fanno inconsapevolmente, senza essere coscienti che ci si sta rivolgendo a Dio.

Altri invece, hanno preso coscienza della cosa, ma continuano imperterriti.

È importante fargli capire bene cosa in realtà stanno facendo.

I fratelli musulmani sono molto rispettosi di un Dio invisibile ma presente nella loro vita. Infatti pregano 5 volte al giorno, si astengono dal consumo di alcune carni, si recano in moschea, ecc. Naturalmente non sono perfetti, come i cristiani, perché accomunati dalla fragilità umana.

Nel caso di specie, non è loro consuetudine rivolgersi con parole cattive a Dio.

Anche italiani lo fanno non perché ce l’hanno con il Signore, ma perché è diventato un abitus, un modo di vivere, e lo trasmettono ai loro figli e a chi viene da lontano, da paesi che si trovano dall’altra parte del mondo.

Un antico adagio recita:” chi va con lo zoppo, impara a zoppicare”, in questo caso è proprio vero.

Ma tra le tante cose belle che potremmo insegnare a questi fratelli dalla pelle scura, perché viene fuori proprio il peggio di noi?

Forse sarebbe il caso di interrogarci, per fare autocritica, e capire verso quale direzione stiamo davvero remando.