La metafora della sabbia e delle piccole cose

Ho riletto con piacere un testo che usa la metafora di un vaso vuoto come espediente nell’identificare le priorità della vita.

Succede spesso di scorrere pagine di ricordi e di imbattersi in un qualcosa che sembrava dimenticato, ma invece era solo sopito tra le pieghe della mente. Non credo nella casualità degli eventi, anche di quelli apparentemente poco importanti. A volte, occorre sapere leggere nei messaggi che la vita ci offre. La storia del vaso e del professore di filosofia è riemersa forse per dare un segnale, un input, oppure più semplicemente per ricordare qualcosa che oggi più di ieri è da considerare.

La vita è come un vaso da riempire: ogni elemento ha la sua funzione. Se si spreca tempo ed energia per delle cose insignificanti non si avrà tempo per quelle importanti. Lo stesso vale per le persone. Non tutte le persone hanno la stessa importanza e lo stesso peso specifico nella nostra vita. Ci sono però persone che casualmente (almeno all’apparenza è così) entrano nella nostra vita e ci lasciano qualcosa, loro malgrado o per nostra fortuna. Altre persone fanno parte della nostra vita per una funzione precisa.

Secondo Brian Weiss: “Noi siamo immortali, eterni spiriti sempre amati. Siamo anime in un immenso mare spirituale, popolato da altri esseri della stessa natura. Alcuni sono nella forma fisica, ma la maggior parte no“.

La storia del professore e del vaso: la metafora delle priorità nella vita

Una volta un anziano professore venne contattato per tenere una lezione di formazione sulla “Pianificazione efficace del tempo” ad un gruppo di una quindicina di dirigenti di importanti aziende. Il corso faceva parte di una delle cinque sessioni della loro giornata di formazione, e il professore aveva a disposizione solamente un’ora “per fare lezione”.

In piedi, davanti a questo gruppo d’elite (pronto a prendere appunti su tutto ciò che l’esperto stava per insegnare), l’anziano professore li guardò ad uno ad uno, lentamente, e poi disse: “Adesso faremo un esperimento”.

Da sotto al tavolo che lo separava dagli allievi, il vecchio professore tirò fuori un grande recipiente di vetro da più di 4 litri, e lo posò delicatamente davanti a sé. Poi tirò fuori una dozzina di ciottoli grandi all’incirca come delle palle da tennis ed uno ad uno li mise delicatamente dentro il vaso. Quando questo fu riempito fino al bordo e fu impossibile aggiungere anche un solo sasso, alzò lentamente gli occhi verso i suoi allievi e domandò:”Questo vaso è pieno?” Tutti risposero “Sì”.

Attese qualche secondo e aggiunse: “Davvero?” Allora si chinò di nuovo e tirò fuori da sotto al tavolo un secondo contenitore, questa volta pieno di ghiaia. Con attenzione versò questa ghiaia sui grossi sassi e poi scosse leggermente il vaso. I pezzettini di ghiaia si infiltrarono tra i sassi fino al fondo del recipiente. L’anziano professore alzò nuovamente lo sguardo verso il suo uditorio e ridomandò: “Questo vaso è pieno?” Questa volta i suoi brillanti allievi cominciavano a comprendere il suo armeggiare.

Uno di essi rispose: “Probabilmente no!”

Bene” rispose l’anziano professore. Si piegò di nuovo e questa volta tirò fuori da sotto al tavolo un secchio di sabbia. Con delicatezza versò la sabbia nel vaso. La sabbia andò a riempire gli Spazi tra i grossi ciottoli e la ghiaia. Ancora una volta domandò: “Questo vaso è pieno?” Questa volta, senza esitare e in coro, i suoi allievi risposero: “No!”

Bene!” soggiunse il vecchio professore. E, come ormai si aspettavano i suoi prestigiosi allievi, prese la brocca dell’acqua che stava sul tavolo e riempì il vaso fino al bordo.

L’anziano professore alzò allora gli occhi verso il gruppo e domandò: “Quale grande verità ci dimostra questo esperimento?” Il più furbo, il più audace dei suoi allievi, ripensando all’argomento del corso rispose: “Dimostra che anche quando si crede che la nostra agenda sia completamente piena, ci si possono aggiungere altri appuntamenti, altre cose da fare.

No” rispose il vecchio professore “Non è questo. La grande verità che quest’esperimento ci dimostra è la seguente: se non si mettono per primi i sassi più grossi all’interno del vaso, non ci si potrà mettere tutto il resto in seguito”.

Ci fu un profondo silenzio, mentre ciascuno prendeva coscienza dell’evidenza di questa affermazione. L’anziano professore disse allora: “Quali sono i sassi più grossi nella vostra vita? La vostra salute? La vostra famiglia? I vostri amici e le vostre amiche? Realizzare i vostri sogni? Fare ciò che vi piace? Imparare? Difendere una causa? Essere rilassati? Darsi il tempo? O cose del tutto diverse? Quello che dobbiamo ricordarci è l’importanza di mettere per primi nella propria vita i sassi più grossi, altrimenti si rischia di non riuscire a fare . . . la propria vita. Se si dà Priorità alle minuzie (la ghiaia, la sabbia) ci si riempirà la vita di inezie e non si avrà a sufficienza del tempo prezioso da consacrare alle cose importanti della vita.

Allora non dimenticate di porvi la domanda: «Quali sono i sassi più grossi nella mia vita?» E poi metteteli per primi nel vostro vaso”.

Storia del vaso e del professore (Fonte: youtube)

Alcuni cenni sulla figura retorica

Metafora deriva dalla parola greca “metaphorein” che significa “trasferire”, cioè scambiare il senso di un termine con un altro per evidenziarne le caratteristiche in comune, interagendo sullo stato d’animo di chi legge o ascolta.

La descrizione metaforica ha quindi un valore ermeneutico.

La storia della filosofia contiene delle pagine dedicate alla metafora e al valore delle immagini. Questa è stata riscoperta alla fine dell’Ottocento da Nietzsche. Il filosofo afferma che: “Il linguaggio è una convenzione la cui essenza non è quella di rappresentare la natura delle cose. Esso è un sistema di metafore, liberamente prodotto e pertanto non va inteso come l’unico modo corretto e valido di descrivere il mondo.”

Nel 1980, Lakoff e Johnson hanno pubblicato “Metafora e Vita Quotidiana”. In questa pubblicazione si sottolinea come la metafora sia ormai diventata di uso comune. Da quel momento, gli studi relativi alla conoscenza umana hanno confermato che la metafora ha un ruolo centrale nel nostro sistema concettuale collegato anche alla nostra percezione del mondo e soprattutto alle relazioni con la gente poiché tutta la nostra conoscenza è di tipo relazionale.

Come asserisce la saggista Antonella Sartor: “La metafora non è solamente una figura letteraria ornamentale, poiché è comunemente usata in tutte le forme dell’espressione linguistica, sia nella lingua scritta che in quella parlata e in tutti i generi della lingua scritta: dalla narrativa alla storiografia, dalla formulazione scientifica, al discorso legale.”

La metafora è molto usata in pubblicità e nella propaganda e i motivi sono scontati e stanno nell’immediatezza della comunicazione. Si pensi ad esempio alla l’antropomorfizzazione di oggetti inanimati: “il piatto piange”, “Il tempo vola”, ecc.

Difficilmente riusciamo ad esprimere i sentimenti con esattezza. A correrci incontro è proprio la metafora che è capace di tradurre e di trasmettere un’immagine di ciò che altrimenti è immateriale e intraducibile.

Dire ad esempio: “Sono felice come una Pasqua” esprime non solo un senso di felicità, ma anche l’essere più felice del normale, magari per un episodio inatteso. La metafora diventa comunicazione nella mente di chi ascolta e interpreta.

Sempre la Sartor scrive: “Ad ogni modo la riuscita della metafora è funzione del formato socioculturale dell’enciclopedia dei soggetti interpretanti. In questa prospettiva si producono metafore solo sulla base di un ricco tessuto culturale, ovvero di un universo del contenuto già organizzato in reti di interpretanti che decidono (semioticamente) della similarità e della dissimilarità delle proprietà.”

Ironizzando, diciamo che se al posto dell’acqua si versasse una birra nel vaso l’effetto sarebbe identico, ma il messaggio sarebbe: “Abbiate sempre tempo per prendere una birra con un vecchio amico!”

Ad maiora. Semper!