Un’icona. Una scena di un giorno qualunque. L’intuito di chi ha la giusta sensibilità. Il desiderio di immortalare la sensazione di ciò che quell’immagine trasmette. Questo è il mix di ingredienti di una foto che sta emozionando il web.
Un soggetto che richiama pagine di letteratura legate alla corrente artistica del verismo. “Per gli scrittori naturalisti la letteratura deve fotografare oggettivamente la realtà sociale e umana, rappresentandone rigorosamente le classi, comprese quelle più umili, in ogni aspetto anche sgradevole; gli autori devono comportarsi come gli scienziati analizzando gli aspetti concreti della vita.”
“Non potevo immaginare di finire sul Corriere della sera, in prima pagina poi sul web! Tutto ciò è bellissimo ed emozionante come questa immagine, che ho avuto la fortuna di immortalare insieme al mio amico Vito durante la visita a Civita venerdì scorso, uno dei borghi più belli d’Italia. Grazie, grazie a tutti per averla apprezzata. Non me lo aspettavo.” Così scrive sul suo profilo Facebook Francesco Mangialavori il fotografo che è riuscito a rappresentare, in uno scatto, una realtà della Calabria diventata virale sui social.
La foto ritrae un anziano poggiato con le spalle a un muro di un vicolo del paese che vende le nespole del suo terreno. Giacca, sguardo basso, qualche cassetta di plastica e una bilancia di altri tempi. Lo scatto subito ha suscitato il sentimento di dignità.
Una rappresentazione che sembra uscita da un romanzo di Giovanni Verga dove solo alcuni valori come la famiglia e il lavoro possono dare serenità. L’ideale dell’ostrica, secondo Verga, è appunto basato sul fatto che questi valori atavici possono evitare che il mondo, visto come pesce vorace, divori la gente umile.
Chissà quante volte abbiamo visto la stessa immagine in altri paesi e in altre stradine. È il sud buono. Quello che ancora reagisce a una parte di realtà che comprime valori, che restringe il tempo, che corre e che schiaccia umanità.
In questa foto, il tempo si ferma. È un’immagine che potrebbe essere fatta in qualunque decennio, in un’altra epoca. Non ha spazio temporale e di luogo. È Civita, ma potrebbe essere Magisano oppure Satriano. O ancora Castel Gandolfo.
È una parte della Calabria che è ancora visibile, che ancora resiste. Lontana da social, da logiche consumistiche. Dove ancora gli anziani giocano a carte seduti al tavolino del bar del paese, dove il senso della comunità è forte. Dove il rispetto, l’accoglienza, l’integrità e la dignità sono alla base del vivere quotidiano. La condivisione di ciò che si ha, anche se poco, perché ci si appartiene.
“Stavo passeggiando per le vie di quel piccolo comune che portano al belvedere quando mi sono imbattuto in questa scena che non poteva passare inosservata. Questo signore non urlava, non voleva attirare a tutti i costi l’attenzione su di sé. La gente si fermava a parlare con lui e capiva che essere lì era un modo per restare ancorato alla sua terra, per non dimenticare le tradizioni del suo passato. L’umiltà di quell’uomo è disarmante. È arrivato vestito elegante e ha appoggiato a terra le sue nespole, poi si è fatto da parte, guardava per terra. Ho scattato quella foto cercando di non disturbarlo, mi è venuto spontaneo”.
“Non mi aspettavo che il mio scatto avesse questo successo – spiega Francesco -. Mi piace però pensare che in quella foto la gente riconosca la semplicità e la dignità del Sud, quella di persone anziane che non rinunciano alla loro terra, e che ancora riescono a commuovere”.
Civita è un comune di 912 anime in provincia di Cosenza. Sta a 450 metri a livello del mare tra la riserva naturale del Raganello e all’interno del Parco Nazionale del Pollino. È una delle storiche comunità albanesi (arbëreshët).
È detto “il paese tra le rocce” per via delle grandi montagne che la circondano.
Civita conserva l’identità e le antiche tradizioni del popolo albanese come la lingua, il rito religioso e i costumi tradizionali.
È uno dei borghi più belli d’Italia e fa parte della bandiera arancione.
Chissà se tanto clamore, alla fine, non faccia capire che la Calabria non può essere solo cronaca nera. E che la povertà, intesa come assenza di opportunità, abbia anch’essa da insegnare a chi, sentendosi ricco, ne disconosce i valori e la identità.
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