“Il cappuccino dopo le undici del mattino è illegale. Qualcuno lo spieghi agli americani.” Così il famoso giornalista Beppe Severgnini raccontava l’America nel 2007, sottolineando la passione per questa bevanda.
Esiste ancora oggi un angolo pieno di orgoglio calabrese proprio nel cuore di Manhattan, a New York. Un ponte immaginario che collega la città della grande mela con Reggio Calabria ed è una storia che parte da lontano. Il cappuccino è il protagonista, una bevanda che è diventata ormai irrinunciabile e che per molti è un vero e proprio rito.
La storia di Domenico Parisi, un calabrese che aveva nostalgia del cappuccino
È abbastanza noto: l’americano medio ama il cappuccino e lo sorseggia a qualsiasi ora del giorno; spesso lo accompagna a cene e pranzi al posto dell’acqua o di un calice di vino. Come tante ricette e piatti nostrani in America, il suo nome è rimasto italiano, quasi per non dimenticare la sua storia.
Come hanno fatto gli americani a scoprire questa bevanda?
Siamo negli anni ’20 del secolo scorso e – come tanti meridionali – il giovane Domenico Parisi lascia la Calabria e sbarca a New York in cerca di fortuna. Trova subito lavoro come barbiere che gli consente di mantenersi in questa enorme città che accoglie tutti indistintamente. Il sogno americano è alla portata di tutti coloro che hanno voglia di lavorare e di chi ha voglia di realizzare un progetto.
Sebbene la vita non sembri difficile, a Mimì manca qualcosa che non riesce a trovare da nessuna parte nel nuovo mondo. Il barbiere di Reggio Calabria vorrebbe sorseggiare un cappuccino, ma nessuno lo prepara. Esiste il té, il caffè lungo americano, ma non esiste un bar dove è possibile bere un cappuccino.
L’idea geniale nasce spontanea nella mente di Mimì: se in America nessuno lo sa fare, lo preparerà lui stesso.
Sarà proprio Domenico Parisi a insegnare agli americani l’arte del cappuccino. Una bevanda fatta di caffè e latte montato a vapore, spesso ricoperto da una spolverata di cacao amaro in superficie; un latte e caffè rivisitato inventato nel 1700 nelle corti europee.
Eppure, nonostante le sue origini nobili, il cappuccino diventa famoso in America grazie alla povertà nostrana, quella fatta dalle valigie di cartone su navi che attraversavano l’oceano.
Il giovane Parisi ritorna in Italia in vacanza, con un bel gruzzoletto ed è grazie a quei risparmi che può comprare una macchina per l’espresso con la valvola a vapore. Per quanto l’America fosse il paese del futuro, quel tipo di macchina lì non esisteva. Quindi il sogno di Mimì da barbiere si trasforma in primordiale barista in una caffetteria.
Il sogno ha finalmente un nome: Caffè Reggio
Al numero 119 di McDougal Street a New York Domanico Parisi apre il Caffè Reggio nel 1927.
Il successo è immediato. Il cappuccino entra nella vita degli americani e a preparalo è proprio Parisi che è l’unico a far funzionare la macchina. Infatti, quando lui è al lavoro come barbiere, il caffè resta chiuso. Ma è solo una parentesi: ben presto Mimì lascia il lavoro e si dedica al bar che da quel momento in poi diventa un ritrovo anche per artisti e personalità.
Infatti, il Caffè Reggio è stato spesso set per film famosi, come Il Padrino o Serpico. Il locale di Greenwich Village ha visto ospiti importanti tra le sue ricche tele del Cinquecento e Settecento e quella storica macchina per il caffè, targata 1902.
Nel 1959, il Presidente Kennedy fece un comizio proprio davanti al Caffé Reggio perché quel posto è diventato ormai un simbolo per tutti gli americani che sognano in grande.
Chi pensa che questa sia una storia vecchia è in errore perché il Caffè Reggio è ancora oggi un locale storico e preservato.
Quella macchina, trasportata dall’Italia nei primi decenni del secolo scorso, è ancora lì per ricordare che ogni sogno è possibile e che un progetto di vita, anche semplice, potrebbe diventare la più grande invenzione di sempre.
“Caffeotto”, il primo caffè al bergamotto calabrese