I muletteri d’Aspromonte: eroi dimenticati della tradizione meridionale
Nell’ombra delle montagne di Aspromonte, si celava un mestiere arduo e coraggioso, ormai dimenticato: quello dei muletteri. L’avvento dei moderni mezzi di trasporto e l’espansione della rete viaria hanno gradualmente spazzato via questa figura caratteristica, che per decenni è stata una costante della tradizione del sud Italia.
Un tempo, i proprietari terrieri non possedevano i moderni silos o cisterne per immagazzinare i frutti delle loro fatiche agricole. Tutto il risultato delle loro coltivazioni, dalle biade al vino all’olio, veniva affidato ai muletteri per il trasporto verso i centri abitati, dove spesso i locali al pianterreno delle case facevano da magazzini. Spesso, i proprietari possedevano uno o più muli, gestiti da muletteri, dipendenti interamente dal padrone. Queste condizioni variavano leggermente a seconda delle usanze locali, ma il mestiere garantiva almeno un lavoro, seppur scarsamente remunerato, e il cibo giornaliero per tutto l’anno.
Il mulo, risultato dell’incrocio tra un asino e una cavalla, era l’animale ideale per questo compito. La sua costituzione robusta lo rendeva adatto alle fatiche, in grado di affrontare i sentieri accidentati delle montagne. Contrariamente alla credenza comune, i muli erano noti per la loro intelligenza superiore rispetto ai cavalli. Questi animali venivano selezionati incrociando diverse razze per creare esemplari sempre più forti e veloci. I muli pugliesi erano particolarmente pregiati e costosi, utilizzati persino durante le guerre mondiali per le loro caratteristiche, spesso affidati a soldati provenienti da Calabria, Sardegna e Sicilia.
La figura del mulattiere era di fondamentale importanza. Il benessere del mulo era una priorità, poiché rappresentava spesso l’unica fonte di sostentamento per le famiglie. Si prendeva cura del suo pelo, si evitavano le piaghe causate dal carico, gli zoccoli venivano ferrati con cura e gli accessori erano tenuti in ottime condizioni. Il legame tra il muletto e il mulo era profondo e fondamentale per la sopravvivenza.
I mulattieri erano un riflesso del detto popolare che afferma che l’uomo si conforma al suo ambiente e al suo mestiere. Erano robusti, ostinati e a volte difficili da gestire, come i loro animali. Spesso, mostravano uno spirito libero, audacia e un comportamento disinvolto, come testimoniano le canzoni popolari di Calabria. Viaggiando da un paese all’altro, portavano con sé nuove esperienze, canzoni, proverbi e usanze, ma purtroppo anche malattie sconosciute.
Il loro compito era impegnativo. Dal trasporto di prodotti agricoli dai frantoi e dalle cantine alle risorse provenienti dalle foreste e dalle carbonaie, i mulattieri erano responsabili di far giungere tutto ciò nelle comunità. Utilizzavano attrezzi specifici per diversi tipi di carico: cesti di vimini per ortaggi e frutta, recipienti di legno per sabbia e ghiaia, attrezzi in legno curvi per pietre squadrate, pelli di capra e recipienti di legno a doghe per l’acqua, l’olio e il vino.
Con coraggio e determinazione, i mulattieri attraversavano percorsi pericolosi, attraversando fiumi, valichi montani e sentieri scoscesi. Spesso, tracciavano percorsi alternativi per evitare i dazi o le autorità. Era un mestiere difficile e pericoloso, ma allo stesso tempo affascinante, grazie alla libertà che offriva e alle avventure che permetteva di vivere.
Verso l’inizio del XX secolo, l’arrivo dei camion e delle ferrovie ha segnato la fine di un’epoca. Il mestiere del mulattiere è gradualmente scomparso, sostituito dai mezzi di trasporto moderni. Ma, la loro memoria e l’eredità di coraggio, fatica e dedizione restano una parte preziosa della storia e della cultura del sud Italia.