Il presidente della Regione Mario Oliverio è intervenuto, ieri pomeriggio a Riace, all’assemblea pubblica convocata dal sindaco Mimmo Lucano per un “rapporto alla città” sull’esperienza dell’accoglienza dei migranti alla quale sono intervenuti numerose persone provenienti da tutta la Calabria. Esperienza che ha avuto risonanza mondiale. Un programma di accoglienza degli immigrati divenuto progetto pilota nazionale e internazionale, che ha ricevuto gli elogi dai media internazionali e dei big della cultura come Wind Wenders. Un’esperienza che ha attraversato i cuori delle persone nel mondo ma che ha assunto anche caratteri giudiziari con una indagine ancora aperta per la gestione del sistema dell’accoglienza, anche se un’ultima ispezione ha restituito dignità al sindaco e a tutta la comunità riacese.
Un Lucano commosso, che nel 2016 è stato anche citato tra i 50 leader più importanti del mondo dalla rivista Fortune, ha preso la parola per esternare “il malessere – queste le sue parole – che mi opprime”. “Anche se stasera – ha proseguito – sono felice perché ho accanto a me tantissima gente, uomini e donne, amministratori locali, professionisti e politici come il presidente Oliverio: compagno di questo percorso fatto di sofferenze. L’esperienza di Riace gli è entrata nell’anima, in quell’anima che non ha pregiudizi, gli è entrata nel suo orgoglio di militante della politica per la gente con la gente”.
Il sindaco del paese dei Bronzi ha poi raccontato: “ad ottobre 20017 il prefetto di Reggio Calabria voleva mandare via i rifugiati. L’ho ritenuto un gesto violento perché tra questi c’era anche un bambino di 7 giorni di vita che si chiama Gabriel. Ho investito del problema il presidente Oliverio che in pochissimo tempo, dammi cinque minuti mi disse, è riuscito a bloccare tutto ed ora Gabriel ha festeggiato i 7 mesi di vita nel suo paese, Riace, con la sua famiglia. Posso dire allora che esiste un’altra dimensione della politica che si riscontra nella profondità dei rapporti umani e della dignità delle persone”.
Lucano ha proseguito rammentando la ragazza nigeriana di Riace Becky morta nel ghetto di San Ferdinando “che nonostante tutto – ha messo in evidenza – ancora viene mantenuto aperto” ed ha ripercorso le tappe di questa esperienza di accoglienza diffusa legata ad una dimensione umana che accumuna tutti i popoli.
Nel 1998 il primo sbarco di migranti a Riace. Il sindaco è volontario nei soccorsi e nell’accoglienza. Nel 2001 nasce il primo vero progetto sull’accoglienza con un titolo ambizioso “Rivitalizzare il borgo di Riace attraverso i rifugiati”. E attraverso un bando ad evidenza pubblica promosso dal Ministero dell’interno 15 rifugiati (il numero dipende dall’entità della popolazione che all’epoca non raggiungeva i 2000 abitanti) trovano casa nel paese dei Bronzi.
Nel 2004 Mimmo Lucano da volontario diventa sindaco di Riace, anche sei ci tiene a precisare che “era e rimane un volontario a tutti gli effetti”.
Dal 2001 Riace diventa come Lampedusa rotta per migliaia di migranti accolti dalla popolazione locale e supportati da politiche sociali.
Il fenomeno dell’accoglienza è gestito dalla cooperativa “Città futura”.
Attualmente vivono a Riace (borgo e marina) 500 rifugiati (su 1.650 abitanti). L’integrazione vive nei 10 laboratori artigianali, nella fattoria didattica, nel frantoio oleario, nell’ambulatorio medico, nei corsi Eda (centro territoriale educazione permanete adulti ) per il conseguimento del diploma di terza media e per i quali è stato destinato un intero edifico scolastico, nel cimitero multietnico, nell’asilo nido multietnico e nelle scuole (primaria, elementare e media ) multietniche e nel doposcuola. Sono circa 150 gli immigrati che non rientrano nei progetti.
“In questa semplice ma grande idea – ha continuato Lucano – sono impegnate 100 persone , tra riacesi e migranti. Il borgo di Riace vive grazie a loro”. Poi lo sfogo finale: “stasera sarà l’ultima volta che devo disturbare. Quella nave nel 1998 ha fatto iniziare una storia fantastica coerente con quel valore politico che ci accomuna. Ora però ci troviamo nelle condizioni di prendere atto che non possiamo più andare avanti. Senza i progetti legati ai programmi ministeriali non siamo ancora economicamente autosufficienti. Da due anni non riceviamo risorse. Abbiamo cento bambini che hanno bisogno di tutto. In questi anni ho incontrato persone speciali che hanno un’idea pulita della dignità umana. Ora però – afferma infine con la voce rotta dall’emozione – abbiamo solo lo Sprar (Sistema protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Siamo obbligati a chiudere. Ho lottato tanto. Mi dispiace. Riace rimarrà un paese fantasma”.
Nei numerosi interventi che si sono susseguiti nell’assemblea multietnica, affollata da numerosi cittadini, uomini e donne, amministratori, professionisti e intellettuali per sostenere – hanno detto – il “sindaco eroe”, per “respirare questa aria pura che da senso a famiglie senza futuro che vengono da lontano e anche alla gente del posto”, per sostenere un progetto che “apre le case ma soprattutto i cuori”, “per stare accanto a tante persone che qui hanno ritrovato il sorriso”, anche le parole Mohamed, Philip e Kader: “io vengo qui a guardate Riace che è un paese bello”, “io voglio vivere a Riace non voglio andarmene”.
“Ed è da qui che voglio partire – ha esordito il presidente Oliverio -. Dalle parole di questi bambini che esprimono il sentimento che si vive a Riace. Dalle parole di Kader abbiamo capito la portata di questa esperienza e le ragioni per difenderla. Da qui voglio partire per affermare con forza che Riace non deve chiudere. Deve vivere. Riace è un modello a cui fare riferimento per affrontare in termini concreti la dimensione dell’integrazione e dell’accoglienza rispetto ad un fenomeno col quale bisognerà misurarsi anche in futuro al di là dei Governi che verranno. L’esperienza di Riace – ha aggiunto – è un modello che ci permette di affrontare in termini concreti il problema dell’immigrazione che non si risolve con il filo spinato ai confini. Ce lo insegna la storia. È imponente il flusso dei migranti e sono profonde le ragioni che muovono migliaia di donne e uomini a lasciare le loro terre. Fenomeni che non si possono impedire. Bisogna affrontarli in termini inclusivi. E Riace è un modello di assoluto riferimento. Un modello che si tenta di soffocare attraverso la burocrazia. Il sindaco Lucano per ovviare ai ritardi cronici del sistema di pagamento attraverso gli Sprar ha coniato anche una moneta di scambio locale. Un atto di ingegno. Ora si vuole mettere in discussione un’esperienza che fa convivere storie ed etnie diverse. Che dimostra che è possibile coesistere. Questa esperienza – secondo il presidente Oliverio – deve continuare a vivere. Chiedo a Mimmo una proroga del suo sacrifico. Non deve mollare. La Regione e la Calabria che io rappresento sono con lui. Perciò rivolgo un appello al Governo e al prefetto: le risposte alle attese devono essere e rapide”. Oliverio ha poi posto l’accento sul fatto che ancora la Rai non ha mandato in onda la fiction prodotta a Riace sul modello di accoglienza, “È vergognoso – ha sostenuto – che non sia stata ancora trasmessa e ci batteremo affinché sia mandata in onda per far conoscere a tutto il mondo l’esperienza di Riace. Ringrazio Mimmo Lucano per le belle parole a me rivolte, ma io ho fatto solo il mio dovere. Noi rimaniamo in prima linea. Da qui lanciamo una sfida e una petizione che deve coinvolgere tutti, intellettuali, professionisti, artisti, politici e cittadinanza. Questo è quello che dobbiamo fare. È nostro dovere farlo. Come Regione – ha concluso Oliverio – stiamo lavorando ad un progetto per rafforzare questa esperienza. Tornerò già dalla prossima settimana ad investire chi di dovere perché Riace non debba chiudere. Quello che bisogna chiudere è il ghetto vergognoso di San Ferdinando. Questa è una battaglia che dovrà vederci tutti protagonisti”.