Piscopio (VV): i bambini e la ‘ndrangheta

Carabinieri Vibo Valentia
Carabinieri Vibo Valentia

I Carabinieri hanno trovato in una casa un kalashnikov di legno perfettamente disegnato

“Il 99% dei bambini nati nelle famiglie di ‘ndrangheta diventerà a sua volta un ‘ndranghetista. Ecco perché si sta cercando di togliere la patria potestà ai genitori conclamati mafiosi e mandare i minori lontano dalle famiglie”.

Lo ha spiegato più volte il Procuratore Gratteri e questa foto allegata nell’articolo è l’ennesima testimonianza di come vengono educati i bambini in queste famiglie.

Nel corso delle perquisizioni effettuate a Piscopio, nell’ambito del blitz che ha portato all’arresto di altre quattro persone per l’omicidio del 21enne Salvatore Battaglia, i Carabinieri hanno trovato in una casa un kalashnikov di legno perfettamente disegnato.

Un’arma giocattolo in uso ai bimbi, che rende l’idea della mentalità con la quale si cresce laddove il verbo principale è quello della ‘ndrangheta.

I bambini e la ‘ndrangheta

Ma che rapporto c’è tra i bambini e la ‘ndrangheta? Purtroppo le dinamiche mafiose si interconnettono inevitabilmente all’interno delle famiglie degli ‘ndranghetisti ed i bambini apprendono quello che è un vero e proprio metodo. Per loro una normalità. Un modo di fare naturale, “giusto”. Sono pochissimi i casi dei bambini che una volta cresciuti decidono di allontanarsi dal mondo della droga, delle armi, degli omicidi e degli altri reati che interessano le diverse cosche e che sono oggetto di cronaca della nostra bellissima ed amara terra.

È giusto togliere la potestà genitoriale agli ‘ndranghetisti così come suggerisce Gratteri?

La questione della potestà genitoriale è una questione talmente delicata, che forse un articolo di costume e società come questo ben poco riesce a razionalizzare una risposta in merito. Ci sono materie di diritto di famiglia, materie di diritti del minore. Materie del diritto civile, ma anche penale.

Dal punto di vista sociale di certo non si può generalizzare. Ma bisognerebbe valutare la situazione caso per caso. Famiglia per famiglia.

Perché se è vero il che “il 99% dei bambini nati nelle famiglie di ‘ndrangheta diventerà a sua volta un ‘ndranghetista”, è pur vero che c’è un 1% che resiste.

Sono pochi gli esempi “venuti a galla” di ragazzi che sono riusciti ad uscire dalla ‘ndrangheta, o di mamme che hanno lottato affinché i propri figli venissero allontanati (anche geograficamente) per dar loro un futuro diverso, pulito.

Prendiamo il caso del figlio del boss di Rosarno, che si è coraggiosamente dissociato. Si chiama Giosuè il ragazzo e a soli 17 anni ha deciso di allontanarsi dalla sua famiglia, fortemente legata alla mafia. Ha scelto così, nonostante la giovane età di cambiare totalmente vita.

Si è raccontato lui stesso, qualche mese fa, nel corso di una manifestazione promossa da Libera e Agape a Reggio Calabria.

Ma naturalmente non tutti hanno il coraggio di Giosuè. Non sempre è così facile. Non sempre si riesce ad avere la percezione che oltre quello stile di vita ce n’è un altro, legale.

E le madri ed i padri, con il proseguimento dei loro “affari”, non fanno altro che macchiare l’educazione dei propri figli e travolgerli in un tunnel non facilmente attraversabile. Le statistiche dicono che la maggior parte delle volte si rimane intrappolati in questo tunnel.

La forza del cambiamento sta nella cultura della libertà

Quello che più spesso si sente replicare dai figli degli ‘ndranghetisti è il fatto di non poter cambiare vita. Una follia. Un’utopia. Eppure quella libertà loro la posseggono nelle proprie mani. Sta a loro decidere le sorti della propria vita.

Certo, crescendo da bambini in un ambiente malavitoso, è difficile avere una veduta aperta a 360 gradi. Perché spesso chi vive di mafia, vive della paura dell’altro e di un bisogno indotto. La mafia ti fa credere che è la tua unica alternativa, la tua unica speranza per ottenere un immediato beneficio. E allora diventa difficile vedere “oltre”.

L’importanza delle scuole e della partecipazione alla vita di comunità

E allora diventa importante innanzitutto il ruolo delle scuole, che permettono a quei bambini segnati da un destino già scritto, di potersi vedere proiettati in un futuro diverso. Come? Attraverso lo studio, la conoscenza, la scoperta del rispetto delle regole, l’impegno che porta ad ottenere dei risultati, la costanza, il tempo. Si perché ci vuole tempo per arrivare alla strada giusta. Niente di più sbagliato è ottenere tutto e subito. Non si impara. Non si cresce. E si finisce per rimanere intrappolati in quel tunnel di cui parlavo prima.

Ma importante anche la partecipazione alla vita di comunità. Certo una comunità che sia il più possibile eterogenea e che sia lontana dalle dinamiche mafiose. Permettendo a questi bambini di integrarsi con altri, il cui stile di vita è orientato totalmente verso un’altra direzione.

La difficoltà di sfuggire all'”onda” mafiosa

Il difficile arriva quando le infiltrazioni mafiose arrivano dentro la scuola, dentro la comunità, dentro le famiglie, dentro il lavoro. Con le minacce, gli agguati, gli spari, le bombe, gli omicidi.

E purtroppo molto spesso è la ‘ndrangheta ad averla vinta. È come se potesse essere paragonata ad una gigantesca onda; la legalità potesse essere paragonata alla spiaggia e i sassolini che la compongono potessero essere paragonati alle persone che appartengono ad una comunità di riferimento (in questo caso la comunità calabrese).

Certamente, col mare mosso e le onde grandi inevitabilmente questi sassolini verrebbero travolti dal vortice, dalla forza del mare.

Poi però accadono delle cose. Arrivano delle persone, come il giovane Giosuè, o come il Procuratore Capo di Catanzaro, Nicola Gratteri.

Poi però intervengono le associazioni come Libera, o i singoli imprenditori privati che si riuniscono nelle piazze e che dicono “no” al pizzo. Poi ci sono i testimoni di giustizia, le persone per bene che credono nella legalità e nella giustizia.

E allora quell’onda prima tanto grande, ora sembra più piccola.

La tempesta ora sembra essere passata. I sassolini e la riva, ritornano al loro posto, sulla spiaggia, perché è lì che devono stare.

E la spiaggia si riprende il suo spazio. Il mare torna a ridimensionarsi.

Conclusioni

Se solo avessimo la costanza di fare bene per la nostra riva, per la nostra comunità. Se solo avessimo il coraggio di non stare come pesci tra le onde. Ma riuscissimo ad essere persone libere, capaci di segnare con le proprie orme, a piedi nudi sulla spiaggia, il nostro destino.