Nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 Marco Vannini, un ragazzo di Cerveteri, viene ferito da un colpo di pistola mentre è a casa della sua fidanzata, Martina Ciontoli.
Marco ha solo 20 anni, ma nella casa della fidanzata, sul litorale romano di Ladispoli, non è la prima volta che passa la notte. Sono fidanzati da tanti anni, conosce bene la famiglia di Martina. I Ciontoli ormai sono anche abituati alla sua presenza a casa come anche a quella di Martina a casa sua. Una vita di coppia normale, di due giovanissimi ragazzi che vogliono stare più tempo possibile insieme.
Nonostante Marco avesse promesso alla mamma che quella notte sarebbe rientrato a casa sua, cambia idea e con una telefonata al papà avvisa che avrebbe lasciato il paese sul litorale romano solo l’indomani mattina, verso le 8.30. Il 18 maggio avrebbe dovuto aiutare la mamma per un lavoretto e non poteva negare la sua presenza. Ma quella notte, quella dannata notte, il fato aveva già deciso che lui a casa non sarebbe più tornato; che non avrebbe mai lasciato da vivo Ladispoli.
Da questo momento in poi ciò che succede a Marco lo può raccontare solo la famiglia Ciontoli
Tra bugie, manipolazioni dei fatti, omissioni, mancanza di assistenza e di soccorso, Marco Vannini scoprirà il vero volto di quella famiglia e purtroppo anche la fine dei suoi giorni e dei suoi sogni di ventenne.
Il rapporto con la fidanzata che lui adora da quattro anni non va benissimo: lei è gelosissima di quel bellissimo ragazzo, perbene, figlio unico di un buona famiglia. Lui fa il bagnino, ama nuotare, poco tollera le insicurezze della fidanzata che è tra l’altro di una bellezza disarmante. Inoltre, è deluso: il signor Antonio Ciontoli – papà di Martina e di Federico – gli aveva promesso di aiutarlo a fare il pilota di arerei, ma tutto si era verificato inutile, così si era rivolto allo zio, fratello di suo padre, per realizzare il suo sogno. Martina non aveva affatto gradito la cosa che aveva scoperto per caso a una festa della famiglia Vannini in una casa di vacanza.
Antonio Ciontoli è un ex militare e maresciallo della Marina Militare, arruolato nel raggruppamento unità difesa dei servizi segreti nazionale. Il nome Ciontoli è molto conosciuto e stimato a Ladispoli. Antonio è però un uomo che è stato capace di nascondere la gravità di una situazione per proteggere il suo lavoro, con la complicità della famiglia. Nessuno escluso.
Visto il lavoro del signor Ciontoli era normale avere delle armi a casa
Quella sera, il papà di Martina stava pulendo le sue pistole calibro 9 in bagno. Poi, distratto dalla moglie, le lascia nella toilette con l’intenzione di riprendere il lavoro appena possibile. Ma dimenticherà di farlo subito.
Secondo il signor Ciontoli, alle ore 23 del 17 maggio 2015, Marco stava nella vasca da bagno quando lui entra nella toilette per sistemare le armi. Racconta che stavano scherzando innocuamente con le pistole e Ciontoli pensava che la pistola fosse scarica.
Invece, un colpo di pistola parte per errore, trapassa il braccio destro, entra nell’emitorace, attraversa il polmone destro e si ferma nel pericardio, la membrana che circonda il cuore.
Momenti di panico che si riveleranno prima drammatici poi tragici
All’inizio, il signor Ciontoli cerca di pulire Marco con dell’acqua. C’è poco sangue, pensa a una ferita. Afferma alla famiglia che in casa ha sentito il colpo che si trattava solo di un colpo a salve e che Marco si è spaventato per il botto.
Martina pare fosse in camera sua, adiacente a bagno, ma la perizia troverà invece tracce di polvere da sparo nelle narici.
La famiglia Ciontoli pulisce Marco, lo asciuga, gli mette dei vestiti che neanche sono suoi e inizia il calvario.
Il dolore che Marco prova per il proiettile conficcato nel suo corpo è allucinate. Anche i vicini di casa dei Ciontoli racconteranno di avere sentito le urla del ragazzo definendole “disumane”.
Il fratello di Martina, Federico, trova un bossolo della Beretta calibro 9 nel bagno e capisce che non si poteva trattare di un colpo a salve, ma che Marco era stato quantomeno ferito.
Federico prende la decisione di chiamare il 118, ma durante la prima telefonata non si racconterà la verità
Si parla di uno scherzo finito male, di un ragazzo che si è spaventato e che è bianco i viso. Tutto pur di non parlare di un colpo di arma da fuoco. Probabilmente Marco era svenuto per il dolore, ma durante la telefonata si risveglia e la signora Ciontoli all’operatore dice che i soccorsi non servono più, che è tutto sotto controllo.
Quando le condizioni di Marco si aggravano solo allora si richiamerà il 118 per un’ambulanza. Si racconta all’operatore al telefono che il ragazzo ha “un buchino sul braccio” fatto da un pettine appuntito sul quale Marco sarebbe caduto, si minimizza il pericolo e l’accaduto. L’operatore al telefono sente dei rantoli e delle urla e chiede se la persona sia normale e se abbia dei problemi, una disabilità.
Finalmente, dopo più di mezz’ora, arriva l’ambulanza, ma neanche quella volta si dice ciò che è accaduto. Bisognava coprire assolutamente il fatto che avrebbe portato alla perdita del lavoro del signor Ciontoli. Tutta la famiglia doveva restare unita nella bugia.
L’arrivo di Marco Vannini all’ospedale di Ladispoli
L’ambulanza porta Marco all’ospedale di Ladispoli e si avvisano, in piena notte, anche genitori di Marco ai quali verrà detto al telefono l’ennesima bugia dei Ciontoli: che il figlio è caduto dalle scale e che è in ospedale per quello.
I signori Vannini corrono all’ospedale di Ladispoli e restano pietrificati nel vedere Marco bianco, senza coscienza, con gli arti neri.
Nel frattempo, arrivano i genitori di Martina preoccupati da ciò che potrebbe succedere alla loro famiglia. Più tardi arriva anche Martina e il fratello Federico.
Solo in quel caso il signor Ciontoli dirà la verità a medici, pregando i sanitari affinché il dettaglio del proiettile venga omesso dagli atti e mostra anche il suo distintivo, per avvisarli del suo ruolo. I sanitari increduli e arrabbiati capiscono la gravità della cosa e vogliono portare Marco al Gemelli, con un elicottero.
Marco ha un’emorragia interna e bisogna agire al più presto.
I signori Vannini, fuori dall’ambulatorio, ancora non sanno la verità, gliela dirà Federico Ciontoli, cercando di fare mantenere la calma del papà di Marco che per la rabbia sferra un pugno a una colonna di cemento dell’ospedale.
L’elicottero arriva e cerca di portare Marco in volo verso Roma, ma deve tornare indietro perché il ragazzo, già in coma, ha un arresto cardiaco. A Ladispoli i medici gli fanno un massaggio cardiaco, Marco si riprende e potrebbe ripartire verso il Gemelli.
Purtroppo, il condizionale è d’obbligo: tutto è inutile.
Marco avrà il suo ultimo arresto cardiaco e da lì a poco verrà dichiarato morto.
Sono le 3 del mattino del 18 maggio 2015.
Arriverà sì al Gemelli, ma per l’autopsia nella quale si dirà che Marco si sarebbe potuto salvare se i soccorsi fossero stati chiamati subito.
La mamma di Marco Vannini: «È uscito di casa bello come il sole, poi non lo abbiamo più visto»
Di questa allucinate vicenda se ne sono occupati non solo i tribunali, ma anche i media.
La storia è agghiacciante per i dettagli. Per la freddezza degli attori che hanno causato la morte a un ragazzo per motivi futili. Una fidanzata preoccupata di doversi trasferire dopo l’accaduto e che a giorni avrebbe dovuto sostenere un esame all’università per il corso di infermiere; che non ha fatto nulla per proteggere la persona della quale era gelosa, forse di tutti, ma non sicuramente della famiglia che meritava invece la sua protezione.
Un uomo, un padre, talmente preso dalla sua facciata perbenista da tentare di nascondere un fatto gravissimo e preoccupato di perdere il lavoro.
Una moglie che non sentiva pietà per un ragazzo, una mamma per i suoi figli, solo i suoi.
Tempo fa, anche il fratello di Martina, Federico Ciontoli, pare avesse avuto un ruolo determinante nell’omicidio. Infatti, la signora Ciontoli aveva detto che il padre avesse preso la colpa per difenderlo e per far credere che a sparare fosse stato proprio Federico.
La giustizia “ingiusta” per Marco Vannini
I primi due dibattimenti in Tribunale si sono conclusi con esito contrastante. Successivamente, la Cassazione, ha annullato quello in cui era stata riconosciuta l’ipotesi più lieve con la riduzione di pena da 14 a 5 anni al principale imputato.
La Cassazione, con imputato Antonio Ciontoli, ha ordinato un nuovo giudizio e indicato a carico del sottufficiale della Marina Militare e dei suoi familiari una decina di indizi colpevolezza.
La Suprema Corte ha detto che tutti gli imputati tennero “una condotta omissiva nel segmento successivo all’esplosione di un colpo di pistola, ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli, che, dopo il ferimento colposo, rimase inerte, quindi disse il falso ostacolando i soccorsi“.
Il 30 settembre 2020, la Corte d’Assise d’Appello ha condannato Antonio Ciontoli a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale e la famiglia a 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo.
Tanti sono stati i sit-in per richiamare l’attenzione dei media sul caso di Marco Vannini, affinché la giustizia potesse esercitare un giudizio severo, richiedendo anche l’ergastolo. Ciò non è avvenuto, ma forse non è attraverso la vendetta che Marco potrà tornare in vita.
Il rimorso di avere ucciso un ragazzo dovrebbe fare il resto.
Cosa resta oggi alla morte di Marco: una famiglia Vannini distrutta
C’è da dire una cosa molto importante in questa vicenda incredibile e orrenda per la quale non bastano le parole.
Di fronte a una tragedia simile qualunque genitore avrebbe reagito con rabbia o sete di vendetta e sarebbe stato anche giustificato. Invece, i genitori di Marco Vannini sono stati di una compostezza, di un equilibrio ammirevole, anche nel guardare negli occhi chi per superficialità ha portato via l’unico figlio.
In televisione, la famiglia Vannini intera, compresa la nonna e gli zii, hanno un atteggiamento molto pacato, sebbene sofferente. Esprimono l’incredulità, non riescono a capire come una famiglia normale possa essere arrivata a tanto.
Volutamente non commentiamo le scelte dei Ciontoli. Crediamo che il silenzio sia l’unica risposta all’assurdo.
Marco oggi potrebbe essere ancora vivo invece è sepolto nel cimitero di Cerveteri, vicino Roma. La sua vita si è fermata a soli 20 anni a Ladispoli senza più quel domani promesso alla mamma.
Il suo desiderio sarebbe stato quello di volare, di essere un pilota di linea, e in parte è stato esaudito: peccato che fosse il suo unico e ultimo volo.