Nel seminario promosso dalla Coldiretti Calabria e Donne Impresa che si è svolto alla Camera di Commercio di Reggio Calabria sono stati analizzati gli impatti dell’approvazione da parte dell’Europarlamento dell’accordo CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) trattato di libero scambio tra Canada e Unione Europea approvato dal Parlamento Europeo.
E’ un accordo economico e commerciale globale di ben 1.600 pagine – ha spiegato il prof. Stefano Masini, Responsabile Settore Ambiente, territorio e Consumi Coldiretti Nazionale -e le cui trattative sono iniziate nel 2009 per poi avere un’accelerata che ha portato alla firma di pochi mesi fa. L’accordo CETA è un accordo misto, e pertanto per entrare in vigore ha la necessità che si esprima il Parlamento canadese e soprattutto che vi sia la ratifica di tutti gli stati membri. Tale ratifica presuppone una verifica del consenso sociale affinché il Parlamento possa legiferare.
L’accordo prevede diversi punti: l’eliminazione dei dazi; gli appalti pubblici e i mercati canadesi;i l riconoscimento dello “stato speciale” di molti prodotti europei; la riforma degli arbitrati. Per l’eliminazione dei dazi – ha illustrato Masini – è previsto che il 92% dei prodotti agricoli e alimentari dell’ UE verranno esportati senza dazi verso il Canada, ma facendo così non si eliminano solo delle restrizioni ma si avrà una alienazione di tutte le misure degli effetti equivalenti. Per essere più chiari – ha aggiunto – il Canada esporta in Italia 1,2 milioni di tonnellate di grano duro, l’Italia lo trasforma in pasta e lo esporta in Canada con esito finale di produzione d’origine Italia. Ma il grano proveniente dal Canada, innanzitutto è un grano che arriva in Italia con un anno di ritardo, perchè sono sfasate le mietiture, e soprattutto nello stato nordamericano sono usate comunemente 99 sostanze attive, in particolare molecole risalenti agli anni ’70 che in Europa sono vietate da ben 20 anni a questa parte. Tutto ciò evidenzia l’importanza di una etichettatura all’origine perché solo così si può davvero garantire la libertà di scelta nel consumo di un prodotto. Un altro punto del trattato – ha continuato – è il riconoscimento dello “stato speciale” di molti prodotti europei e in particolare facciamo riferimento alle denominazioni e indicazioni geografiche protette italiane. L’accordo prevede l’ingresso in Canada, di 173 indicazioni geografiche europee; all’Italia sono state riconosciute solo 41 indicazioni a fronte di 288 Dop e Igp registrate. La denominazione d’origine è un modello che in Canada non è identificativo, tant’è che l’allegato riservato alla lista delle indicazioni geografiche del Canada è vuoto! Le perplessità quindi, che sono state evidenziate nel seminario, sono molteplici e tra le tante anche quella di considerare il trattato CETA, come il cavallo di Troia del Ttip, cioè del trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico che riguarda Ue e Usa.. Sicuramente altre perplessità arrivano dal fatto che il CETA favorirebbe molto più le multinazionali e non garantirebbe abbastanza tutele per i consumatori, per i prodotti, per l’ambiente e per il suolo.
“Da un’attenta analisi, i benefici attesi rischiano di essere di gran lunga inferiori rispetto agli svantaggi alle nostre produzioni”, ha dichiarato Nicodemo Oliverio, capogruppo del PD in commissione agricoltura della Camera. Anche per questo – ha proseguito – chiedero’ all’ufficio di presidenza che la commissione avvii al più’ presto audizioni per valutare benefici, vantaggi e criticità’ del CETA. L’agricoltura italiana ed in particolare calabrese e’ fatta di tante realtà’, anche di piccole e medie dimensioni, che fanno della qualita’ del prodotto il loro vanto e la loro immagine nel mondo”. “non si possono accostare tali realta’ produttive a quella canadese – ha proseguito sul presupposto di una maggiore liberalizzazione degli scambi.
Il modello produttivo canadese si basa su produzione in larga scala di commodities, sulla presenza di una struttura societaria gestita dalle multinazionali e su un utilizzo abbondante di fitosanitari, quali il glifosato, banditi in alcune regioni come la Calabria”. Risulta, allora, abbastanza evidente – ha concluso Oliverio- che la competizione debba avvenire garantendo non tanto una liberalizzazione degli scambi quanto una valorizzazione dei prodotti del nostro agroalimentare, introducendo disposizioni che tutelino a largo spettro la distintività’ delle nostre produzioni e garantiscano al consumatore una corrispondente informazione”.
Al seminario moderato dalla Responsabile Donne Impresa Calabria Elvira Leuzzi sono intervenuti altresì del Presidente della Camera di Commercio di Reggio Calabria, Antonino Tramontana, di mons. Giuseppe Fiorini Morosini Arcivescovo Metropolita di Reggio Calabria-Bova, di Daniele Perrone Delegato Regionale di Giovani Impresa e del Sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà. Demetrio Naccari Carlizzi, Consulente di Coldiretti Calabria, Carmen Barbalace Assessore allo Sviluppo Economico e Promozione delle Attività Produttive della Regione.