ll Mediterraneo continua a essere il cimitero a cielo aperto dei migranti che cercano disperatamente di raggiungere le coste europee. Giovedì scorso un barcone carico di 38 persone, in prevalenza provenienti dalla Costa d’Avorio, si è rovesciato al largo della Tunisia. Cinque persone sono annegate e altre 28 risultano disperse, come riferito dagli attivisti del Forum tunisino per i diritti sociali ed economici (Ftdes).
La causa dell’affondamento è stata chiarita: il barcone era sovraccarico, come spesso accade in queste traversate disperate, dove i migranti vengono stipati su imbarcazioni di fortuna, senza alcuna garanzia di sicurezza. Il destino dei migranti era Lampedusa, ma il mare ha deciso altrimenti.
Il Mediterraneo centrale, la rotta che parte dalle coste nordafricane e porta in Italia, è la più mortale al mondo per i migranti. Nel 2020, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), 1.200 persone sono morte o risultano disperse in questa rotta. E sono già oltre 400 quelle che hanno perso la vita nel 2021.
La situazione è tragica, ma non sembra trovare soluzione. La politica dell’Unione europea, volta a bloccare i flussi migratori, ha reso la traversata ancora più pericolosa, spingendo i migranti a cercare vie sempre più rischiose e affidarsi a trafficanti senza scrupoli.
L’ennesimo naufragio al largo della Tunisia è solo l’ultimo episodio di una crisi umanitaria che continua a mietere vittime innocenti. Serve una risposta globale, un impegno condiviso per affrontare le cause profonde dei flussi migratori e garantire un’accoglienza dignitosa ai migranti che arrivano sulle nostre coste. Solo così si potrà porre fine alla tragedia del Mediterraneo centrale.