Brexit: le motivazioni e la storia

Dopo anni di consultazioni, proteste, rinvii e attese è scattata l’ora X. La Gran Bretagna è ufficialmente, o quasi, fuori dall’Unione Europea.

Un episodio che segna la nostra Unione, la triste immagine dell’Ambasciata a Bruxelles che leva la bandiera europea. A tre anni dal primo Referundum nel 2016 e dopo 47 anni di unione, il Regno Unito lascia l’Europa. Jonhson afferma: “La strada dell’Ue non era più la nostra. Lasciare l’Europa, per noi, una meravigliosa speranza”.

Un divorzio dopo un lungo matrimonio che segna confini indelebili. Anche il Regno Unito all’interno si è diviso a metà. Tra gioia e festeggiamenti da parte dei favorevoli, rabbia e dolore da parte di coloro che speravano non si giungesse alla fine. A Londra, davanti il la residenza del Primo Ministro inglese, alle 23 britanniche (la mezzanotte italiana) si è festeggiato un vero e proprio Capodanno, con tanto di countdown.

“Un momento incredibile”, ha esultato Nigel Farage, leader del Brexit Party, tra la folla.

Nell’immediato, però, sono pochi i cambiamenti che avranno luogo, in quanto il distaccamento vero e proprio avverrà tra 11 mesi, con esattezza, il 1° Gennaio 2021, tempo durante il quale Bruxelless e Londra avranno modo di negoziare i nuovi vari parametri riguardanti i diversi ambiti della cittadinanza. Ciò che è certo e in vigore da subito è che l’Unione, sin da oggi, ha circa 66 milioni di abitanti in meno, riducendo il suo indice di popolazione del 5,5%.

Le motivazioni e la storia

Già in passato, la questione economica è stata un punto importante per gli elettori e la politica britannica, il Regno si è sempre voluto distinguere con la propria moneta, ma sembra che sul versante Brexit, siano state due le principali ragioni che hanno smosso la questione stessa.

La prima riguarderebbe la riconquista della sovranità, rispetto ai poteri che lentamente erano passati nelle mani di Bruxelles; la seconda ragione, ampiamente condivisa dal Parlamento, avrebbe avuto a che fare con la necessità di sorvegliare i confini riducendo il tasso di immigrazione, altamente elevato. Londra, infatti, è stata sempre descritta come una grande città multietnica, ricca di opportunità. Questo, però, ha suscitato negli inglesi la paura di vedersi sottratti posti di lavoro, assistendo al dimezzamento di stipendi e servizi pubblici.

D’altra parte, la Brexit (termine che sta fa riferimento, appunto, all’uscita del Regno Unito dall’Unione e prende vita dall’insieme dalle parole Britain ed exit), avrebbe comportato recessione, inflazione, indebolimento della moneta, aumento della disoccupazione e impatto negativo sul business inglese.

Nonostante ciò, la compagna “Leave”, è riuscita, superando vari step e diversi ostacoli. Il Regno, si era espresso a favore del Leave per la prima volta nel Giugno 2016, gli elettori erano stati poi assecondati dall’ormai ex Primo Ministro Teresa May nel 2017 e l’anno successivo, 2018, le parti avevano concordato un patto di transizione per evitare un’uscita troppo frettolosa e pericolosa.

Nell’arco dell’intero 2019 si sono succedute molte votazioni, con casi favorevoli e contrari, che hanno portato la May a dimettersi, lasciando il posto al nuovo Primo Ministro Boris Jonhson, il quale è riuscito a emanare un nuovo piano di uscita, ottenendo un ulteriore rinvio e, infine a convocare nuove elezioni aggiudicandosi la vittoria una volta per tutte. Un addio, però, non del tutto definitivo, che dovrà affrontare un periodo di transizione, che decorrerà fino al 31 Dicembre 2020. Solo allora tutte le conseguenze Brexit diverranno realtà.

Le conseguenze

Come già detto, per tutto il 2020 quasi tutto resterà immutato. I cittadini italiani che vorranno visitare il Paese potranno varcare i confini con la sola Carta d’identità alla mano, ma dal 1° Gennaio 2021, il Regno Unito sarà un Paese straniero a tutti gli effetti e occorrerà, oltre al Passaporto, un visto turistico da richiedere prima della partenza anche online.

Gli italiani che risiedono ormai stabilmente in Gran Bretagna dovranno adempiere entro il 30 Giugno all’iscrizione presso il Settlement Scheme, un programma che consentirà loro di restare nel Regno mantenendo tutti i diritti di cui hanno goduto in precedenza. Coloro che godranno di un permesso temporaneo, potranno richiedere la residenza definitiva dopo i 5 anni.

Nel lavoro, saranno favoriti dal Governo i lavoratori qualificati, con stipendi di almeno 30mila sterline l’anno. Gli altri occupati in posti meno “privilegiati” (baristi, camerieri, etc.) dovranno avere un contratto di lavoro già al momento della partenza per ottenere il permesso di risiedere sul territorio.

Anche nel caso della Sanità, varrà la regola dei 5 anni, pertanto chi risiede a Londra e dintorni da più di 5 anni avrà diritto alla sanità pubblica e alla sicurezza sociale, il cosiddetto Settle Status. Tutti gli altri potranno godere di un permesso temporaneo.

In ambito universitario gli studenti extracomunitari, tra cui gli italiani, potranno continuare a studiare nel Regno Unito, ma assistendo ad un probabile aumento delle tasse. Sul fronte Erasmus, si intende effettuarne la conferma anche negli anni futuri, ma si tratta di una scelta che dipenderà dalle negoziazioni che avverranno nell’arco del 2020.

Per quanto concerne poi imprese e commercio, un fatto importante da considerare riguarda la presa di coscienza del dato di fatto secondo il quale prima di un accordo commerciale tra UE e Gran Bretagna, l’importazione e l’esportazione dovrà sostenere costi potenzialmente elevati.