Un vero e proprio cartello sul “caro estinto”. Un controllo, quello della ‘ndrangheta sull’ospedale di Lamezia Terme, che si estende sulla gestione del servizio sostitutivo di autoambulanze dell’Asp di Catanzaro “benedetto” da politica e Pubblica amministrazione. Ed è così che le gare per l’acquisto di nuove ambulanze venivano bloccate in modo da favorire le imprese colluse, che fornivano mezzi inadeguati non solo da un punto di vista meccanico, ma anche rispetto alle necessarie dotazioni elettromedicali: mancavano termoculle per il trasporto di neonati, l’ossigeno era scaduto o addirittura mancava. Per non parlare dell’impiego di personale non qualificato e non provvisto delle adeguate abilitazioni professionali. Un quadro davvero inquietante quello emerso dall’inchiesta “Quinta bolgia” condotta dai militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, coordinati e diretti dalla Procura della Repubblica – Dda di Catanzaro, con il supporto dello SCICO di Roma che ha portato all’arresto di 22 persone, 12 delle quali finite ai domiciliari, fra cui l’ex deputato e sottosegretario Giuseppe Galati ed un ex consigliere comunale di Lamezia Terme, Luigi Muraca, di 50 anni.
I particolari sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa tenuta questa mattina a Catanzaro, alla presenza del Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, del procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla, del comandante provinciale di Catanzaro Davide Rametta e del comandante dello S.c.i.c.o. di Roma Alessandro Barbera. Quello descritto da militari ed inquirenti è un contesto criminoso finalizzato a costruire fortune e rapporti sulla base di un solido rapporto tra ‘ndrangheta, Pubblica amministrazione e politica e che, sicuramente, a detta anche del procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, “lascia più tristi del solito perché ci pone davanti a gente spregiudicata che vive nell’agiatezza lucrando sui funerali e sul dolore delle persone nel momento di un lutto”.
La complessiva ed articolata esecuzione, condotta grazie all’ausilio determinante anche dei gruppi territoriali di Catanzaro e Lamezia Terme e del nucleo di polizia economico-finanziaria di Udine, ha visto l’impiego di circa 200 finanzieri, l’effettuazione di numerose perquisizioni e il sequestro di 6 società. Le indagini hanno beneficiato di riscontri di numerosi e affidabili collaboratori di giustizia.
L’inchiesta nasce da due diverse indagini strettamente collegate su due gruppi imprenditoriali legati alla cosca Iannazzo-Cannizzaro-Daponte di Lamezia che avrebbero esercitato un controllo pervasivo in particolare sull’ospedale della città della Piana, estromettendo la concorrenza dalla fornitura di ambulanze per il servizio di pronto soccorso delle onoranze funebri, della fornitura di materiale sanitario, del trasporto sangue.
Il primo filone d’indagine, quindi, condotto dal Gico riguarda la disarticolazione di due sottogruppi di ‘ndrangheta che agivano in stretta connessione con i gruppi imprendoriali Putrino e Rocca, che in base alle ricostruzioni degli inquirenti in conferenza stampa “avevano il controllo di una parte dell’ospedale di Lamezia Terme, anche attraverso modalità intimidatorie, vessavano i parenti dei deceduti all’interno dell’ospedale per accaparrarsi il servizio di onoranze funebri. Con il presunto sostegno di due necrofori dell’ospedale di Lamezia Terme”. Nel momento in cui il “gruppo Putrino ha subito un’interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Catanzaro, è subentrato l’altro gruppo Rocca”. Nell’inchiesta è, infatti, coinvolto quello che gli inquirenti definiscono come “gruppo Putrino” che “sin dal 2009 – in base alle ricostruzioni degli inquirenti – ad acquisire una posizione di dominio nel settore delle autoambulanze , delle onoranze funebri e delle forniture di materiale sanitario, aggiudicandosi la gara di appalto relativa alla gestione del servizio delle ambulanze 118 bandita dall’Asp di Catanzaro dal 2010 a sino al 2017. Il gruppo imprenditoriale ha continuato ad operare in assenza di gara formale in seguito di plurime oltre che illegittime proroghe ottenute grazie ai rapporti privilegiati tra i vertici del gruppo criminale Iannazzo-Cannizzaro-Daponte e numerosi dirigenti dell’Asp, tra cui Giuseppe Perri (commissario e poi direttore generale dell’Asp), Giuseppe Pugliese (già direttore amministrativo) e ancora Eliseo Ciccone (già responsabile Suem 118) nei cui confronti vengono contestati plurimi episodi di abuso d’ufficio”. Analoghe condotte con l’aggravante della finalità mafiosa vendono contestate anche due esponenti della politica lametina che avrebbero rappresentato, secondo quanto emerso dalle indagini, l’anello di congiunzione tra il contesto ‘ndranghetistico e la dirigenza Asp coinvolta: l’ex parlamentare Giuseppe Galati e Luigi Muraca, cl. ’68 ex consigliere del comune di Lamezia. Sono stati arrestati anche Antonio Tommaso Strangis, Italo Colombo, Eliseo Ciccone, Giuseppe Luca Pagnotta e Francesco Serapide. A loro carico episodi di corruzione, rivelazione di segreto di ufficio, frode nelle pubbliche forniture, induzione indebita a dare e promettere utilità, falso. Tutti sottoposti agli arresti domiciliari.
“Abbiamo acquisito la prova certa del controllo della criminalità organizzata sul settore delle onoranze funebri”, ha riferito il procuratore aggiunto di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, illustrando “l’inquietante quadro di un’occupazione ‘militare’ dell’ospedale di Lamezia Terme da parte degli esponenti della criminalità organizzata”.
“Su dodici ambulanze messe a disposizione per il servizio dell’Asp di Catanzaro, sette avevano problemi seri”, spiega il comandante del Nucleo di polizia economica e tributaria della Guardia di Catanzaro, colonnello Carmine Virno: “Abbiamo riscontrato la presenza di ambulanze senza requisiti tecnici, mai revisionate, con problemi ai freni, al motore, ai cambi, con l’ossigeno scaduto, ambulanze poi affidate a personale non abilitato e non qualificato. In un’intercettazione due indagati – ha proseguito il colonnello Virno – preoccupano perché un malato in codice rosso viene fatto cadere dalla barella e quindi tra loro c’era il timore di finire in galera se il malato moriva”.
L’inchiesta ha poi svelato che – hanno riferito gli investigatori nella conferenza stampa sull’esito del blitz – sulle ambulanze “non erano presenti le termoculle per il trasporto dei bambini, che quindi venivano attaccati con le normali cinghie”, ed è emerso poi un caso emblematico, quello relativo a “un’ambulanza da rottamare perché vecchia, dapprima prima portata in Bulgaria e poi fatta tornare in Italia in modo da essere immatricolata come nuova”.
Marial