La Corte di Cassazione annulla condanna per omicidio
In seguito a un acceso dibattito legale, la sentenza con cui la Corte d’assise d’appello di Catanzaro aveva condannato Peppino Daponte, sessantatreenne, a trent’anni di reclusione per l’omicidio di Pietro Bucchino, trentaduenne, avvenuto nel lontano ottobre del 2003 a “Sambiase” di Lamezia Terme, è stata annullata con rinvio.
Il pronunciamento della Corte di Cassazione è giunto in seguito all’accoglimento del ricorso presentato dai difensori di Daponte, ovvero gli avvocati Salvatore Staiano, Vincenzo Cicino e Renzo Andricciola, che hanno agito con fermezza e determinazione nel portare avanti la causa del loro assistito.
Contrariamente alle richieste del Procuratore generale, che aveva insistito per la conferma della condanna, la Corte di Cassazione ha deciso di annullare la sentenza, gettando nuova luce su uno dei casi di omicidio più intricati e oscuri della regione. L’uccisione di Bucchino avvenne in un agguato, con ben cinque colpi di pistola calibro 38 sparati da distanza ravvicinata, mentre la vittima si trovava accanto alla propria automobile, lungo una strada sterrata in località “Savutano”.
Secondo la tesi accusatoria sostenuta dalla Dda di Catanzaro, l’omicidio sarebbe maturato in un contesto mafioso, e sarebbe stato ordinato dalla cosca di ‘ndrangheta Iannazzo-Cannizzaro-Daponte, con lo scopo preciso di punire Bucchino. Secondo quanto enunciato nel capo d’imputazione, la vittima era accusata di agire in maniera autonoma e indisciplinata, vessando soggetti sottoposti alla protezione e al controllo estorsivo del gruppo criminale.
L’annullamento della condanna ha aperto nuovi scenari e sollevato interrogativi cruciali circa il corretto svolgimento delle indagini e il processo giudiziario iniziale. L’intera vicenda rimane avvolta da un alone di mistero, ma una cosa è chiara: la lotta contro il crimine organizzato e la ricerca della verità dovranno continuare senza sosta, al fine di garantire giustizia e sicurezza alla collettività.