Tre condanne a Catanzaro per aggressione con metodo mafioso
CATANZARO, 7 GIU 2024 – Si è concluso con tre condanne pesanti il processo per la brutale aggressione ai danni di un giovane catanzarese, vittima di un sequestro e di torture per una presunta relazione sentimentale con la donna “proibita”. Il gup del Tribunale di Catanzaro, Maria Idra Gurgo di Castelmenardo, ha emesso le sentenze al termine del processo con rito abbreviato, infliggendo pene che arrivano fino a otto anni di reclusione.
I condannati
Vitaliano Costanzo, Francesco Squillace e Riccardo Elia, sono stati riconosciuti colpevoli di una serie di reati gravi, tra cui tortura, lesioni personali aggravate, sequestro di persona, violenza privata, detenzione illegale di arma comune da sparo e rapina. Questi crimini sono stati ulteriormente aggravati dall’utilizzo del metodo mafioso.
Condanne pesanti per gli aggressori
Le pene variano da 8 anni, 8 mesi e 3.000 euro di multa per Costanzo, a 7 anni per Squillace e 7 anni e 2 mesi per Elia. La sentenza arriva dopo che i fatti sono stati ricostruiti meticolosamente dalla Squadra Mobile di Catanzaro, che ha indagato sugli eventi accaduti tra il 26 e il 27 ottobre 2022.
Secondo gli inquirenti, la vittima è stata convocata da Costanzo presso la sua abitazione il 26 ottobre. Lì, tra le 17.30 e mezzanotte, è stata sottoposta a un violento interrogatorio. Sotto minacce, percosse e l’uso di una pistola, il giovane è stato costretto a confessare una relazione con la compagna di Costanzo, inizialmente negata e infine ammessa sotto pressione.
Il quadro dell’aggressione si è rivelato ancora più inquietante per l’accertata appartenenza degli aggressori alla cosca dei Gaglianesi, una delle organizzazioni mafiose locali. Questo elemento ha aggiunto un ulteriore livello di crudeltà e intimidazione alla già terribile vicenda.
L’operato delle forze dell’ordine e della magistratura ha permesso di fare luce su questo caso di estrema violenza, assicurando alla giustizia i responsabili di una vera e propria spedizione punitiva. Le condanne rappresentano un segnale forte contro l’uso della violenza e dell’intimidazione mafiosa, ribadendo l’impegno dello Stato nella lotta contro la criminalità organizzata.
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