Cosenza: 4 misure cautelari per un gruppo criminale. Truffe on-line

Cosenza Carabinieri misure cautelari per truffe on-line
Cosenza Carabinieri misure cautelari per truffe on-line

Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza eseguono 4 misure cautelari nei confronti di un gruppo criminale dedito alle truffe on-line

Alle prime luci dell’alba, in Bisignano (CS), i Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza, coadiuvati da personale del Compartimento della Polizia Postale della Calabria, hanno dato esecuzione a 4 provvedimenti di custodia cautelare (di cui 2 in carcere e 2 agli arresti domiciliari), emesse dal G.I.P. presso il Tribunale di Cosenza – su richiesta della locale Procura della Repubblica.

Nei confronti di altrettanti soggetti, indagati per il reato di “associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe on-line”.

L’attività di indagine, avviata nel mese di maggio 2018 dai militari della Stazione Carabinieri di Bisignano, a seguito di una segnalazione di truffa perpetrata da uno degli odierni arrestati, ha consentito di individuare i componenti del sodalizio criminale, tutti italiani.

Dedito alla commissione di truffe telematiche sui principali siti di e-commerce (subito.it, kijiji.it, ebay.it).

L’Associazione per delinquere finalizzata alle truffe on-line

È questo il reato contestato ai componenti dell’organizzazione criminale – composta da soggetti cosentini (tra cui una donna), su cui sono stati raccolti solidi elementi comprovanti la responsabilità in ordine a 60 truffe perpetrate, su tutto il territorio nazionale, in danno di altrettante malcapitate vittime, per un danno complessivo stimato in circa 20.000 €.

L’organizzazione

L’organizzazione, un sodalizio organizzato e strutturato con una ben definita ripartizione dei compiti: dall’incaricato alla pubblicazione degli annunci sui principali siti di e-commerce, all’addetto alle trattative telefoniche (con tanto di accento tipico lombardo per convincere i malcapitati della genuinità dell’interlocutore), fino ad arrivare all’autista per accompagnare gli altri a prelevare il denaro provento delle truffe.

Tutti gli indagati erano ben consapevoli delle modalità operative e delle finalità illecite del gruppo stesso condividendone gli scopi ed i metodi comuni.

Un disegno criminoso architettato nei minimi dettagli per soddisfare le esigenze economiche di tutti gli appartenenti, tre dei quali, tra l’altro, percepivano il “reddito di cittadinanza”, motivo per il quale sono state informate le autorità competenti per la revoca del citato beneficio.

Tra l’altro, in una delle conversazioni captate, uno degli indagati diceva, in ordine al denaro disponibile per le varie esigenze personali e familiari, “…ora devi finire questi (ndr soldi) del reddito di cittadinanza e poi ti metti a lavorare…”, affermazione cui facevano seguito delle risate da parte di entrambi gli interlocutori.

Il modus operandi

La strategia operativa, ben collaudata, era sempre la stessa e si sviluppava nelle seguenti fasi:
 reperimento delle immagini di reali annunci di vendita di veicoli di interesse storico da siti di e-commerce stranieri (con annesse foto delle vetture e dei relativi documenti di proprietà);
 pubblicazione dell’annuncio e relativa trattativa telefonica con le vittime (riproducendo addirittura un accento tipico lombardo);
 invio dei dati della poste-pay su cui effettuare il pagamento e della carta di identità di uno degli arrestati (in passato residente nel comune di Brembate di Sopra in provincia di Bergamo);
 pressione psicologica sulle vittime finalizzata ad indurle a versare subito un acconto di qualche centinaia di euro a titolo di “caparra” (simulando la presenza di numerosi altri potenziali acquirenti);
 rimozione dell’annuncio dal web una volta ricevuta la caparra (al fine di convincere la vittima della serietà del venditore e del buon esito della trattativa);
 immediato prelievo del denaro contante, a seguito del quale i malviventi si rendevano irreperibili.

L’approccio con le vittime e il gergo utilizzato

Nella gran parte delle truffe l’incaricato alle trattative faceva intendere di essere particolarmente prudente nell’approccio con i potenziali acquirenti in quanto in diverse occasioni era stato “..fregato da alcuni farabutti..”, come nel caso della finta consegna di un mezzo pesante in Trentino Alto Adige.

Nello specifico caso, facendo intendere di dover sostenere ulteriori spese per portare il mezzo in visione al potenziale cliente, i malviventi si facevano versare la somma di 250 € quale anticipo sulle spese di trasporto a domicilio del mezzo, ma una volta incassato il denaro facevano perdere le proprie tracce.

In un’altra circostanza, invece, i malviventi si dicevano quasi “..dispiaciuti..” per aver raggirato una vittima che, pur di accaparrarsi un motociclo in vendita, dapprima faceva parlare il figlio con il finto venditore (atteso che il ragazzo sarebbe stato il destinatario del regalo) e successivamente si metteva in viaggio percorrendo quasi 500 km pur di avere il mezzo.

I sodali commentavano l’accaduto dicendo che “..era un peccato che si faceva tutti quei kilometri per nulla e che era il caso di richiamarlo e dire che il mezzo era stato venduto e di tornare indietro, ma non prima di aver prelevato le 200 € di caparra..”.

Infine, per tutti i sodali la consumazione di truffe doveva intendersi come una sorta di vero e proprio “lavoro”, tanto è vero che il leader e promotore del sodalizio veniva in più circostanze chiamato durante le conversazioni “capo” o “datore di lavoro”.

Paradossalmente, quando gli affari andavano male, commentavano dicendo che ”.. il lavoro andava male e che se gli affari continuavano ad andare male dovevano andare a rubare..”.

La dimostrazione più evidente della consapevolezza dell’“impiego stabile” nella conduzione delle truffe on line si poteva desumere, altresì, da una conversazione nella quale una delle indagate raccontava al marito, anch’egli indagato quale promotore dell’associazione per delinquere, che la loro figlia minore aveva dovuto fare dei disegni a scuola raffiguranti le attività che facevano in famiglia.

In tale circostanza la minore rappresentava il padre mentre era seduto in casa a lavorare sodo al computer.

A tale affermazione l’interessato rispondeva “…io vendo…compro…vendo… che c’è di male…non vado in ufficio…però faccio sempre al computer…non faccio nulla di male”.

La cooperazione con il compartimento della polizia postale Calabria

Nel corso delle attività investigative i militari operanti, anche grazie all’importante ausilio di personale della Polizia Postale della Calabria – Sezione di Cosenza, riuscivano a risalire, tramite l’indirizzo IP (internet protocol), al personal computer utilizzato dal gruppo criminale per perpetrare le innumerevoli condotte illecite.

Nel corso delle perquisizioni eseguite durante l’esecuzione delle misure, il personale della Polizia Postale ha proceduto, unitamente ai Carabinieri della Compagnia di Rende, a sequestrare il pc ed i telefoni cellulari in uso agli indagati.

“Non suonate se cercate Vincenzo o Lorenzo non abitano qui”

È questo il disperato appello che un cittadino del comune di Brembate di Sopra in provincia di Bergamo aveva appeso fuori dal citofono.

In diverse occasioni, infatti, il malcapitato aveva ricevuto innumerevoli visite dalle persone che si presentavano per vedere i veicoli messi in vendita e, ancora peggio, dalle vittime delle truffe che con toni accesi si rivolgevano all’attuale proprietario dell’abitazione, la cui unica sfortuna era quella di dimorare in un’abitazione al medesimo numero civico ove in passato aveva risieduto uno dei sodali, come indicato nella vecchia carta di identità che era solito inviare via whatsup alle vittime per fornire loro garanzie circa la serietà dell’affare.

Una delle vittime, fortemente risentito di quanto subito, quale vendetta effettuava un acquisto su altro sito di e-commerce utilizzando il nominativo ed il documento a suo tempo ricevuto dal truffatore, nonché i dati relativi alla poste pay da questo utilizzata.