Povertà alimentare in Calabria: l’allarme del banco delle opere di carità sulle crescenti necessità post-covid, aumento previsto del 10% delle famiglie in difficoltà
Il quadro della povertà alimentare in Calabria si presenta sempre più preoccupante, con un drastico aumento del numero di persone che hanno bisogno di assistenza alimentare dal periodo post-Covid fino ad oggi, la vera fonte di preoccupazione risiede nelle famiglie che, pur vivendo in condizioni di estrema necessità, esitano a chiedere aiuto alle nostre strutture o alle parrocchie a causa della vergogna. L’allarme è stato lanciato dal portavoce nazionale del Banco delle Opere di Carità, l’avvocato Giuseppe Tamburro, un’organizzazione leader a livello nazionale nell’affrontare la sfida della povertà alimentare.
Secondo le stime del Banco delle Opere di Carità, si prevede un ulteriore aumento del 10% delle famiglie incapaci di provvedere al proprio sostentamento alimentare entro l’estate. L’avvocato Tamburro sottolinea che i bambini sono i principali colpiti da questa situazione, rappresentando l’anello più debole della catena sociale. In molte circostanze, i bambini sono costretti a subire le conseguenze anche sul piano sociale, come evidenziato dalla mancanza di accesso alla mensa scolastica in Calabria.
A livello nazionale, solo il 55,2% degli alunni delle scuole primarie ha accesso al servizio mensa, con appena il 40% che beneficia del servizio a tempo pieno. Nella realtà calabrese, questi numeri sono drasticamente ridotti, con solo il 25,3% degli alunni delle primarie che può accedere alla mensa, ovvero un bambino su quattro, una situazione estremamente critica. Il portavoce del Banco delle Opere di Carità sottolinea l’importanza di adottare azioni mirate per contrastare lo spreco alimentare, una pratica diffusa che contribuisce alla crisi alimentare.
In Italia, si registra uno spreco pro capite di 36 chili di cibo all’anno, un dato che potrebbe essere impiegato per aiutare le famiglie in difficoltà. La FAO sottolinea che se lo spreco alimentare fosse considerato un paese, sarebbe il terzo maggior emettitore di gas serra al mondo. Contribuisce inoltre al problema il 10% delle emissioni di gas serra derivanti dalla produzione di cibo destinato a essere sprecato. Il consumo di suolo per coltivare alimenti destinati al cestino ammonta a 1,4 miliardi di ettari all’anno. Ogni anno, si perde il 14% del cibo prodotto, equivalente a un valore di 400 miliardi di dollari. Modificare alcune abitudini potrebbe essere cruciale non solo per aiutare le persone in difficoltà, ma anche per preservare il nostro pianeta.
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