“Era la mia migliore amica e una figlia fantastica. Penso che abbia immaginato che potessi vivere senza di lei, ma non posso. Speravo di essermi fatta carico del suo dolore. Non si è mai ripresa da ciò che quei ragazzi le fecero e non è giusto… Mia figlia Catherine Daisy Coleman si è tolta la vita stanotte!”. Annuncia così la madre Melinda, con un messaggio su Facebook, la morte della figlia, Daisy Coleman.
La 23enne Daisy Coleman protagonista del documentario “Audrie & Daisy” (ancora disponibile sulla piattaforma di Netflix per chi volesse approfondire la sua storia), ha subito violenza sessuale all’età di 14 anni, nel gennaio del 2012, durante una festa a Maryville, in Missouri. Oltre a lei, altra vittima di violenza, bullismo e cyber bullismo è stata Audrie Pott, che nel 2012, a pochi giorni dallo stupro, si tolse la vita.
Due giovani donne che a distanza di tempo l’una dall’altra hanno deciso di porre fine alla propria vita. Due ragazze che credevano di essere in compagnia di amici ad una festa e che invece si sono trovate attorniate da carnefici. Due vite spezzate da un dolore troppo forte, un trauma che non sono riuscite a superare. Oltre la violenza fisica le due ragazze hanno subito la violenza della (in)giustizia, che non ha dato capi di imputazione al 17enne accusato da Daisy.
Non solo, le due ragazze sono state perseguitate dalla loro comunità. Una storia di una violenza continua, fisica e psicologica.
E forse proprio questo susseguirsi di episodi violenti e discriminatori nel corso del tempo hanno lasciato in Audrie e in Daisy (anche a distanza di anni) una ferita aperta che non si è rimarginata.