Detenuto di 30 anni trovato morto nella sua cella a Catanzaro dopo l’arresto per evasione: la Procura apre un’inchiesta per omicidio colposo sulla base della denuncia dei familiari
La Procura della Repubblica di Catanzaro ha avviato un’inchiesta per fare luce sulla morte di un detenuti di 30 anni, trovato privo di vita nella sua cella nel carcere della città. Il decesso, avvenuto questa mattina, ha scosso l’opinione pubblica, suscitando interrogativi sulle circostanze che hanno portato alla morte del giovane detenuto.
Il trentenne era stato arrestato solo il giorno precedente, con l’accusa di evasione dal regime degli arresti domiciliari cui era sottoposto per il reato di maltrattamenti ai danni dei genitori. Negli ultimi giorni, l’uomo aveva avuto problemi di salute, tanto che si era recato in ospedale per una visita medica. Anche ieri, durante l’arresto, le forze dell’ordine avevano dovuto chiedere l’intervento dei sanitari del 118, poiché il detenuto mostrava ancora segnali di disagio fisico. I medici del 118 avevano dichiarato che non vi erano motivi ostativi al trasferimento del trentenne in carcere.
La Procura ha aperto un fascicolo d’inchiesta a seguito di una denuncia presentata dai familiari del detenuto, che accusano ignoti di essere responsabili della sua morte. Il legale che assiste la famiglia, l’avvocato Antonio Lomonaco, ha confermato che la denuncia-querela è stata formalizzata in merito alla tragica vicenda. Il caso è stato affidato al sostituto procuratore Sarah Cacciaguerra, che ha deciso di procedere con l’ipotesi di omicidio colposo.
Per chiarire le cause del decesso, il magistrato ha disposto un’autopsia sul corpo del trentenne, che sarà eseguita domani all’ospedale di Catanzaro. L’autopsia è vista come una tappa fondamentale per accertare eventuali responsabilità e determinare se la morte del detenuto sia legata a negligenza o a cause naturali.
L’inchiesta sta proseguendo con la raccolta di testimonianze e la verifica dei dettagli relativi al trattamento del detenuto nelle ore precedenti la sua morte. Il caso solleva interrogativi sul sistema di gestione delle persone detenute, soprattutto in situazioni di salute precaria, e mette nuovamente sotto i riflettori le condizioni nelle strutture penitenziarie italiane.
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