La Memoria, le testimonianze, i giovani: l’eredità lasciata dalle tre tappe calabresi
Incontri pubblici con gli imprenditori, con le istituzioni, con gli studenti; riunioni operative con i referenti dei presidi di legalità. La Carovana antiracket e antiusura del progetto Economie di Libertà, finanziato dal Programma Operativo Legalità- FESR/FSE 2014-2020, ha attraversato la provincia di Cosenza con le tappe di Cetraro, Amantea e Cassano all’Ionio, prima di rimettersi in marcia a novembre.
Territori cruciali, come tutti quelli che segneranno il percorso della Carovana; cruciali non solo da un punto di vista geografico, ma soprattutto perché luoghi in cui spesso i fenomeni legati alla criminalità organizzata sono radicati e in cui esistono punti di riferimento per lottare affinché prevalga la legalità.
Perché ‘’denunciare è un atto di dignità’’ e ‘’la conoscenza è la prima, vera forma di resistenza’’. Sono due tra i tanti messaggi, fortissimi, che hanno risuonato a Cetraro, nella giornata in cui è stato ricordato il barbaro assassinio di Lucio Ferrami, che sfidò la ‘ndrangheta e disse no al pizzo e che fu ucciso il 27 ottobre del 1981. A 40 anni esatti dall’accaduto il presidio di Libera che porta proprio il nome di Ferrami, come l’associazione antiracket e il presidio di Libera ‘Sergio Cosmai’ di Cosenza, lo hanno ricordato assieme al mondo della scuola e alle istituzioni, alla presenza della moglie Maria Avolio, che era in con lui mentre, alle 19.15 di quel giorno, si consumavano quei tragici momenti, la sorella e il figlio Pierluigi. “Lucio, che era di Cremona, ha riconosciuto meglio di noi calabresi la bellezza di questa terra – ha detto Don Ennio Stamile, referente regionale di Libera – la storia di Cetraro non è quella del clan Muto, ma è la storia di Ferrami. Il tribunale della storia ha già condannato i colpevoli”. L’iniziativa di Cetraro, che ha visto la presenza di Tiberio Bentivoglio, anche lui commerciante coraggioso che denunciò il pizzo a Reggio Calabria, è stata anche l’occasione per incontrare commercianti e imprenditori che hanno deciso di opporsi al pizzo e donare loro la vetrofania, tutt’altro che simbolica, de ”La libertà non ha pizzo”, da appendere all’ingresso delle loro attività.