Emergenza caldo, CGIL e FILLEA CALABRIA: «L’ordinanza venga rispettata»

Edilizia, operaio edile
Edilizia, operaio

“Bene l’ordinanza di sospensione delle attività lavorative in condizioni di esposizione prolungata al sole dalle 12.30 alle 16.00, ma sono urgenti controlli affinché sia effettivamente rispettata una maggiore consapevolezza e adesione da parte delle imprese”.

Ad una manciata di giorni dal provvedimento del governatore Occhiuto, più volte richiesto dalla Cgil, il Segretario Generale Cgil Calabria Angelo Sposato e il Segretario Generale Fillea Cgil Calabria Simone Celebre, tornano sull’argomento.

“Abbiamo constatato in queste settimane in cui abbiamo affrontato più volte il tema e informato cantiere per cantiere dei rischi da stress termico e degli strumenti a disposizione per salvaguardare lavoratori e imprese, che i grandi gruppi hanno avviato la cassa integrazione lì dove non sono riusciti a rimodulare gli orari di lavoro e che molti piccoli cantieri si stanno fermando nelle ore più calde. Molti altri però, invece, continuano a impiegare i lavoratori anche nella fascia oraria sulla quale vige il veto dell’ordinanza regionale”, affermano i due Segretari Generali. 

“Un simile comportamento è inammissibile – continuano Sposato e Celebre – visti i picchi di temperatura raggiunti che, oltre a rappresentare una chiara e severa avvisaglia della crisi climatica in corso, possono avere gravi conseguenze sui lavoratori. Ecco perché invitiamo i lavoratori a segnalarci quanto previsto dall’ordinanza regionale non venga messa messo in pratica sul loro posto di lavoro onde consentirci di potere intervenire a salvaguardia della loro dignità e salute”.

Critica la Cgil anche sul decreto lavoro inerente l’emergenza caldo: “Il ministero ha redatto un Protocollo su misure normate dal Testo unico sulla sicurezza sul lavoro e linee guida senza nessun elemento per renderle esigibili e vincolanti. Non è questa la strada per invertire la rotta. La cassa integrazione non può essere in questi frangenti una facoltà ma deve essere  –  concludono – un obbligo lì dove non si riescano a rimodulare gli orari di lavoro e a preservare i lavoratori”.