La fine di Ettore Lanzino, 69 anni e affetto da patologia cardiaca, condannato a tre ergastoli per i delitti Marchio, Calvano e Bruni
Ettore Lanzino, il noto boss della ‘ndrangheta di Cosenza, è deceduto all’interno del carcere di Parma all’età di 69 anni. Dopo quasi quattro anni di latitanza, Lanzino era stato arrestato a Rende nel 2012 e da allora era stato rinchiuso nella casa circondariale in Emilia-Romagna, soggetto al rigido regime del 41 bis.
La sua storia criminale era caratterizzata da episodi di violenza e corruzione. La Corte d’Assise di Cosenza lo aveva condannato all’ergastolo per essere stato il mandante degli omicidi di Marcello Calvano e Vittorio Marchio nel 1999. Questi omicidi facevano parte di una sanguinosa guerra di mafia per il controllo degli appalti pubblici nell’area del Tirreno cosentino.
L’attenzione su Lanzino era aumentata anche durante un’indagine sulla corruzione elettorale del 2009, che coinvolse l’ex sindaco di Rende Umberto Bernaudo e l’ex assessore provinciale Pietro Paolo Ruffolo. Si sospettava che il boss avesse influenzato le assunzioni nella Cooperativa Rende 2000, una società comunale che gestiva lavori edili e di pulizia. Gli inquirenti ipotizzarono che Lanzino e il suo braccio destro, Michele Di Puppo, arrestato insieme ai due politici, avessero praticamente controllato tutti i servizi comunali tramite questa cooperativa. Inoltre, secondo quanto affermato dal giudice che ha ordinato gli arresti, i due criminali ricevevano regolarmente stipendi dal Comune di Rende, nonostante Lanzino fosse latitante. Gli ex funzionari comunali, Bernaudo e Ruffolo, avrebbero ricevuto favori elettorali in cambio dei favori concessi al boss.
La morte di Lanzino nelle carceri di Parma segna la fine di un capitolo oscuro nella storia della criminalità organizzata in Italia.