L’epidemia di febbre del Nilo continua a diffondersi in Italia, con un aumento significativo dei casi confermati che preoccupa l’opinione pubblica e le autorità sanitarie. Attualmente, non esiste un vaccino specifico per questa malattia, e la principale forma di prevenzione rimane la riduzione dell’esposizione alle punture di zanzare. Al 31 agosto, il numero di casi confermati ha raggiunto la cifra allarmante di 171, in netto aumento rispetto ai 133 riportati nel bollettino precedente.
Di particolare preoccupazione è il numero di decessi correlati alla febbre del Nilo, che ammonta a 9. Queste perdite di vite umane rappresentano un grave problema di salute pubblica e richiamano l’attenzione sull’importanza di affrontare efficacemente questa epidemia. Dei 9 decessi registrati, 3 si sono verificati in Piemonte, 5 in Lombardia e uno in Emilia-Romagna.
Il report più recente dell’Istituto Superiore di Sanità fornisce ulteriori dettagli sulla diffusione della malattia nel paese. Al momento, sono coinvolte 46 province in 9 diverse regioni italiane: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna, Puglia, Sicilia e Sardegna. Il primo caso umano di infezione da West Nile Virus per questa stagione è stato segnalato in Emilia-Romagna nel mese di luglio, precisamente nella provincia di Parma.
Dei 171 casi confermati quest’anno, ben 97 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva della malattia. La distribuzione geografica di questi casi neuro-invasivi comprende 16 casi in Piemonte, 33 in Lombardia, 11 in Veneto, 32 in Emilia-Romagna, 2 in Puglia, 1 in Sicilia e 1 in Sardegna. È interessante notare che un caso è stato importato dall’Ungheria, sottolineando la necessità di monitorare attentamente le persone che viaggiano da regioni con alta incidenza di febbre del Nilo.
Un altro aspetto importante da considerare è la scoperta di 42 casi identificati in donatori di sangue, il che evidenzia la necessità di rafforzare i protocolli di screening per proteggere il sistema di approvvigionamento di sangue.
Per quanto riguarda i sintomi della malattia, non esiste un vaccino disponibile al momento. Pertanto, la prevenzione resta incentrata sulla riduzione dell’esposizione alle punture di zanzare durante il periodo favorevole alla trasmissione del virus. Il periodo di incubazione dalla puntura di una zanzara infetta varia da 2 a 21 giorni. Tra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi come febbre, mal di testa, nausea, vomito e ingrossamento dei linfonodi, insieme a manifestazioni cutanee. I sintomi più gravi sono rari, colpendo meno dell’1% delle persone infette, ma possono comprendere febbre alta, tremori, convulsioni, e in alcuni casi, paralisi e coma.
L’epidemia di febbre del Nilo continua a rappresentare una sfida per il sistema sanitario italiano, richiedendo un’attenta sorveglianza e misure preventive efficaci. Fino a quando non sarà disponibile un vaccino, la prevenzione rimarrà il nostro principale alleato nella lotta contro questa malattia. È essenziale che la popolazione sia consapevole dei rischi e adotti precauzioni per ridurre l’esposizione alle zanzare, specialmente durante i periodi critici di trasmissione del virus. Solo attraverso una combinazione di consapevolezza, ricerca scientifica e azioni preventive possiamo sperare di contenere questa epidemia.