Dalla storia del caldo record del 2023 alle prospettive allarmanti del 2024, un’analisi approfondita delle tendenze climatiche globali, con focus su temperature record
Il 2023 resterà impresso come un periodo estremamente caldo, segnando un capitolo luttuoso nelle annali della meteorologia. L’allarme è stato lanciato già a inizio dicembre da Copernicus, il servizio europeo di monitoraggio climatico, preannunciando che il 2023 stabilirà nuovi record di temperature, superando ogni precedente rilevazione scientifica.
Il mese di novembre è stato particolarmente significativo, con un aumento di +1.75 °C rispetto alla media dei mesi di novembre tra il 1850 e il 1900. Questa cifra supera di +0.25°C l’obiettivo più virtuoso dell’Accordo di Parigi del 2015, che mira a mantenere l’aumento delle temperature entro i +2 °C, preferibilmente sotto 1.5°C. Novembre 2023 ha segnato il sesto mese consecutivo di record come “mese più caldo di sempre”, iniziando da giugno. Anche se i dati di dicembre non sono ancora disponibili, si prevede che confermeranno questa allarmante tendenza.
Le conferme dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) hanno accentuato ulteriormente la gravità della situazione. Il 30 novembre, l’OMM ha dichiarato che il 2023 sarà ricordato come l’anno più caldo mai registrato sulla terra, con un aumento di circa 1.40 gradi Celsius rispetto al periodo preindustriale 1850-1900, secondo le rilevazioni fino alla fine di ottobre.
La situazione critica si riflette nei livelli di anidride carbonica, aumentati del 50% rispetto all’era preindustriale, contribuendo all’effetto serra e all’innalzamento delle temperature atmosferiche. Questo non solo comporterà un continuo aumento delle temperature, ma avrà anche gravi ripercussioni sugli oceani. Il tasso di innalzamento del livello del mare dal 2013 al 2022 è più del doppio rispetto al periodo 1993-2002, a causa del riscaldamento degli oceani e dello scioglimento dei ghiacciai e delle calotte glaciali.
Il 2023 ha registrato cifre allarmanti, con l’estensione massima del ghiaccio marino antartico al minimo storico, diminuendo di ben 1 milione di km2 rispetto al precedente record negativo. Gli impatti si manifestano anche sui ghiacciai nordamericani ed europei, che hanno subito un altro anno di rapido scioglimento. Secondo il rapporto dell’OMM, i ghiacciai svizzeri hanno perso circa il 10% del loro volume residuo negli ultimi due anni.
Le prospettive per il 2024 non sono rassicuranti, poiché il fenomeno climatico El Niño potrebbe aggravare ulteriormente la situazione. Importante sottolineare che questo evento si verifica in un contesto di clima profondamente alterato dalle attività umane, evidenziando l’impatto negativo del riscaldamento globale.
Il prossimo anno potrebbe essere ancora più critico, sottolineando la necessità urgente di azioni concrete per affrontare la crisi climatica e limitare i danni irreversibili al nostro pianeta.
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