Il deputato del Movimento 5 Stelle, Riccardo Tucci, proveniente da Vibo Valentia, è stato incriminato con l’accusa di frode risalente al periodo precedente alla sua elezione. Dopo vari rinvii, il giudice ha ordinato il processo per quattro individui. Insieme a tre altri imputati, Tucci dovrà affrontare il processo per frode nell’ambito di un’indagine condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalla Procura di Vibo Valentia. Questa indagine, avviata nel gennaio 2021, ha portato anche al sequestro preventivo di beni per un valore superiore a 800.000 euro. Dopo numerosi rinvii, il giudice ha ordinato oggi il processo per tutti gli imputati, con la prima udienza fissata per l’11 luglio.
Tra gli imputati figurano il cugino di Tucci, Adriano Tucci, 37 anni, di Ionadi, Domenico Garcea, 36 anni, di Ionadi, e Vincenzo Schiavello, 48 anni, di Vibo Valentia. Le accuse a loro carico comprendono dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Secondo gli investigatori, Tucci avrebbe ricoperto il ruolo di legale rappresentante dell’azienda “Assistenza servizi telematici satellitari – Società Cooperativa Sociale” fino al 19 marzo 2018, ovvero prima dell’inizio delle sue attività parlamentari, e “al fine di evadere le imposte, aumentando i costi deducibili e le detrazioni dell’IVA, dopo aver registrato nella contabilità dell’azienda” una fattura datata 10 marzo 2015 emessa dalla “Autoelettrosat Srl” per operazioni oggettivamente inesistenti, la utilizzava nelle dichiarazioni dei redditi e dell’IVA dell’anno 2015, eludendo così le imposte per un importo totale di 9.900 euro (di cui 5.500 euro di imposta sul reddito delle società e 4.400 euro di IVA).
Secondo l’indagine, gli imputati avrebbero presentato dichiarazioni dei redditi fraudolente per gli anni dal 2011 al 2018. La presunta frode fiscale sarebbe stata realizzata attraverso un meccanismo complesso volto a consentire l’evasione delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di aziende classificabili come “cartiere”, create dal rappresentante legale dell’azienda sottoposta a verifica. L’indagine ha rilevato l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per un importo superiore a 3 milioni di euro.