Indagine antimafia sul traffico di rifiuti: terminate le indagini

Centrale Biomasse Cutro
Centrale Biomasse Cutro

La ‘Ndrangheta continua ad annidarsi tra le province di Crotone e Cosenza, perpetuando un pericoloso connubio di traffico di rifiuti e droga. Recentemente, le autorità hanno svelato un’indagine di vasta portata che ha portato all’incriminazione di ben 99 individui coinvolti in queste attività illegali. A Ottobre dell’anno scorso, la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ha lanciato un’operazione che ha coinvolto intensamente le due province calabresi. Questa azione è stata una risposta diretta alle attività illecite che si erano radicate nella regione, in particolare nel settore del traffico di rifiuti e della distribuzione di sostanze stupefacenti.

Durante il blitz antimafia, il giudice per le indagini preliminari di Catanzaro ha emesso 31 misure cautelari, di cui 27 in carcere e 4 ai domiciliari, nei confronti dei 99 indagati coinvolti nell’inchiesta antimafia condotta dalla procura guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri, dai pm Paolo Sileo e Domenico Guarascio, e dalle forze dell’ordine dei carabinieri del Ros e del Nipaaf. LEGGI LA NOTIZIA: traffico illecito di rifiuti, 31 arresti

Chiuse le indagini

L’ampia indagine della Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri, sulla presunta cosca di ‘ndrangheta di Mesoraca, comune della provincia di Crotone, presumibilmente guidata dal presunto capo Mario Donato Ferrazzo si è conclusa. Secondo quanto riportato dagli investigatori, questa consorteria criminale avrebbe esteso la sua influenza anche nella provincia di Cosenza, occupandosi – come evidenziato nei documenti dell’inchiesta – di traffico illecito di rifiuti, narcotici ed estorsioni.

Indagine antimafia sul traffico di rifiuti

Tra i principali obiettivi dell’indagine vi era la centrale biomasse di Cutro, un impianto che, pur presentandosi come un’opzione energetica sostenibile, nascondeva oscuri segreti. Gli inquirenti hanno scoperto che la struttura veniva utilizzata come copertura per lo smaltimento illegale dei rifiuti. Questa attività criminale rappresenta una minaccia diretta per l’ambiente e la salute dei cittadini, poiché i rifiuti tossici venivano abbandonati senza alcun riguardo per le norme di sicurezza.

I rifiuti bruciati con le biomasse a Cutro

L’intento del clan, che sarebbe collegato alle influenti organizzazioni mafiose del Crotonese, tra cui quelle guidate in passato da Nicolino Grande Aracri, Mico Megna e gli Arena, sembrava essere quello di ottenere il controllo della centrale a biomasse di Cutro. Questa vicenda coinvolge anche la famiglia Sacchetta di Rogliano, sulla quale di recente la Corte di Cassazione si è pronunciata in termini puramente cautelari.

La Corte di Cassazione, valutando i ricorsi presentati dagli avvocati Pierluigi Pugliese, Franz Caruso e Fabrizio Falvo per le posizioni degli imprenditori boschivi Pasquale Luigi e Andrea Sacchetta di Rogliano, ha disposto un nuovo giudizio cautelare davanti al Riesame di Catanzaro. I giudici hanno ritenuto insufficiente la motivazione secondo cui i tre indagati sarebbero coinvolti nell’associazione mafiosa presunta dedita al traffico illecito di rifiuti.

Il cippato bruciato assieme a rifiuti di vario genere

La centrale a biomasse Serravalle Energy di Cutro è al centro delle indagini per presunte pratiche fraudolente nella lavorazione della legna al fine di produrre energia. Secondo gli inquirenti, il cippato ottenuto dal taglio indiscriminato dei boschi della Sila veniva bruciato insieme a rifiuti di vario genere, dalla plastica al cemento fino al catrame. Ciò sarebbe avvenuto con la presunta complicità di agronomi, operatori e funzionari dell’impresa, ai quali spettava il compito di certificare la qualità del prodotto conferito e la regolarità della documentazione di accompagnamento.

Le carte d’indagine mettono in luce le presunte modalità fraudolente attraverso le quali la centrale a biomasse operava. L’utilizzo di cippato proveniente da tagli illegali e non autorizzati dei boschi della Sila, combinato con l’incenerimento di rifiuti non idonei come plastica, cemento e catrame, rappresenta una grave violazione delle norme ambientali e un pericolo per la salute pubblica.

Gli agronomi, gli operatori e i funzionari dell’impresa sono sospettati di aver consentito queste pratiche illegali, certificando in modo fraudolento la qualità del materiale legnoso conferito e la regolarità della documentazione. Questa presunta complicità ha favorito l’incenerimento di rifiuti non autorizzati, causando danni ambientali e mettendo a rischio la salute delle persone.

Le indagini sono state mirate per accertare le responsabilità di coloro che hanno consentito queste pratiche illecite.

Non solo traffico di rifiuti ma anche droga

Ma il coinvolgimento della ‘Ndrangheta non si limitava solo al traffico di rifiuti. L’organizzazione criminale operava anche nel mercato della droga, gestendo una fiorente rete di distribuzione di sostanze stupefacenti nella regione. Questo rappresentava un ulteriore pericolo per la società, poiché il consumo di droghe alimenta la criminalità, distrugge famiglie e mina la salute degli individui.

L’indagine ha portato alla luce un vasto elenco di indagati, che vanno da membri attivi della ‘Ndrangheta a complici e conniventi. Questa vasta rete di criminalità organizzata dimostra quanto sia radicato il potere della ‘Ndrangheta in queste due province calabresi e la necessità di un’azione risoluta da parte delle autorità per contrastare questa minaccia.

Forze dell’ordine e istituzioni unite per combattere la ‘ndrangheta

La lotta contro la ‘Ndrangheta e le sue attività criminali non è solo un problema locale, ma una sfida che riguarda l’intera nazione italiana. È necessario che le autorità mantengano alta l’attenzione su questa questione e forniscano le risorse necessarie per contrastare efficacemente il potere criminale delle organizzazioni come come la ‘Ndrangheta.

È fondamentale che le forze dell’ordine e le istituzioni competenti lavorino insieme per smantellare queste organizzazioni criminali, arrestare gli indagati e perseguire la giustizia.

Solo attraverso un impegno costante e coordinato sarà possibile garantire la sicurezza e la prosperità non solo per le province di Crotone e Cosenza, ma per l’intera nazione italiana.