L’EDITORIALE
Il 20 marzo del 2003, gli Stati Uniti iniziarono l’invasione dell’Iraq con l’obiettivo di rimuovere Saddam Hussein dal potere e distruggere il presunto programma di armi di distruzione di massa del regime. Cinque anni dopo, il paese è ancora lontano dall’essere stabile e la situazione rimane critica.
Il conflitto ha portato alla morte di migliaia di civili iracheni e a un numero imprecisato di militari americani e alleati. Inoltre, l’Iraq è stato destabilizzato dalla guerra e dall’occupazione militare, con una serie di conflitti interni tra gruppi etnici e religiosi.
Tuttavia, l’uscita delle truppe americane dal paese nel 2011 ha lasciato un vuoto di potere che ha portato a un aumento della violenza. Inoltre, l’ISIS (Stato Islamico dell’Iraq e della Siria), un gruppo jihadista, ha preso il controllo di alcune parti del paese nel 2014, minacciando la sicurezza dell’intera regione.
L’obiettivo principale dell’invasione era la deposizione di Saddam Hussein, già da tempo visto con ostilità dagli Stati Uniti per vari motivi, tra cui i timori falsi su un suo ipotetico tentativo di dotarsi di armi di distruzione di massa e il suo presunto appoggio al terrorismo islamico. Tuttavia, la deposizione di Saddam Hussein ha portato a una serie di conseguenze inaspettate. Si è avuto un aumento netto delle violenze settarie in Iraq, una penetrazione di al-Qāʿida nel Paese e, in generale, un calo della sicurezza dei cittadini.
Il bilancio umano ed economico della guerra in Iraq è stato altissimo
La guerra ha avuto anche un costo economico enorme, con note che ipotizzano che il conflitto sia costato tra i 1.000 ei 3.000 miliardi di dollari e ha causato anche un massiccio esodo della popolazione irachena, con molti cittadini costretti a fuggire dalle loro case per cercare rifugio altrove. Inoltre nonostante gli sforzi per la ricostruzione del Paese, l’Iraq ha continuato a essere teatro di violenze e instabilità politica. Le forze irachene hanno dovuto affrontare una nuova guerra civile nel 2014, che ha portato alla creazione dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS). Le conseguenze di questa nuova guerra civile sono state ancora più devastanti per la popolazione irachena, con la creazione di un nuovo gruppo terroristico che ha compiuto una serie di attacchi violenti in tutto il Paese.
Gli Stati Uniti non sono più credibili
L’invasione dell’Iraq ha avuto un impatto globale, suscitando polemiche e divisioni in tutto il mondo. L’Europa si è divisa sull’intervento, con la Francia e la Germania che si sono opposte fin dall’inizio all’intervento, mentre il Regno Unito ha offerto il suo supporto politico e militare. Anche in Italia, la partecipazione delle truppe all’invasione ha suscitato forti polemiche.
Inoltre, l’invasione dell’Iraq ha avuto conseguenze a livello globale, cambiando il modo in cui gli Stati Uniti vengono percepiti nel mondo e rafforzando l’opposizione all’interventismo militare. L’incapacità degli Stati Uniti di trovare armi di distruzione di massa in Iraq ha minato la loro credibilità a livello internazionale e ha portato a una maggiore diffidenza nei confronti dell’intelligence americana.
A distanza di 20 anni dall’inizio dell’invasione dell’Iraq, il paese e la regione rimangono instabili e vulnerabili alla violenza. La guerra ha avuto conseguenze a livello globale e ha portato a una riflessione sulla validità dell’interventismo militare come strumento di risoluzione dei conflitti. Mentre gli Stati Uniti cercano di uscire da questa lunga e complessa crisi, è importante che si presti attenzione alla sicurezza e alla stabilità dell’Iraq e della regione nel suo complesso.