La Corte d’Appello revoca le misure di prevenzione per Massimo Buda

Tribunale, corte d'appello
Tribunale, corte d'appello

Caronte & Tourist: la Corte d’Appello di Reggio Calabria revoca le misure di prevenzione contro Massimo Buda, restituendo beni e riconoscendo l’estraneità alle accuse

La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha disposto la revoca delle misure di prevenzione personali e patrimoniali nei confronti di Massimo Buda e dei suoi familiari, ponendo fine a un lungo e travagliato iter giudiziario. La vicenda, che aveva coinvolto anche la nota società di navigazione privata Caronte & Tourist, trae origine dall’indagine “Scilla e Cariddi”, coordinata dalla Direzione Investigativa Antimafia e dalla Procura reggina.

Le indagini ipotizzavano un condizionamento mafioso sulle attività di Caronte & Tourist e delle sue imprese collegate, con particolare riferimento al ruolo di Massimo Buda, dipendente dell’azienda e ritenuto vicino alla famiglia Buda di Villa San Giovanni, storicamente legata alla ‘ndrangheta. Secondo gli inquirenti, Buda avrebbe favorito gli interessi delle cosche locali nella gestione di servizi come ristorazione, pulizia e assunzioni di personale, beneficiando al contempo di una rapida crescita professionale.

Nel 2021, l’applicazione delle misure di prevenzione aveva portato all’amministrazione giudiziaria dell’azienda e al sequestro di beni riconducibili a Buda, con gravi ripercussioni per lui e la sua famiglia. La difesa, composta dagli avvocati Francesco Calabrese, Guido Contestabile, Francesco Albanese e Davide Vigna, ha intrapreso una battaglia legale per dimostrare l’infondatezza delle accuse. Attraverso un’attenta analisi documentale, testimonianze e una consulenza tecnico-contabile del Dott. Francesco Deraco sulla legittima provenienza dei beni, il collegio difensivo è riuscito a smontare l’impianto accusatorio.

Con il decreto depositato oggi, la Corte d’Appello ha accolto le argomentazioni della difesa, revocando le misure adottate nel 2022 dal Tribunale di Reggio Calabria. Il provvedimento restituisce piena libertà personale a Massimo Buda e riporta i beni confiscati al suo nucleo familiare e ai terzi interessati.

Gli avvocati difensori hanno accolto la decisione con soddisfazione, definendola un riconoscimento dell’estraneità del loro assistito rispetto alle accuse iniziali. “Si chiude un capitolo doloroso per la famiglia Buda, che ha subito gravi conseguenze sul piano personale e professionale”, hanno dichiarato i legali.

La sentenza della Corte d’Appello rappresenta un precedente significativo, sottolineando l’importanza di garantire un equilibrio tra l’applicazione delle misure preventive e il rispetto dei diritti individuali, soprattutto in assenza di evidenze concrete. Per Massimo Buda e la sua famiglia, si tratta della fine di un incubo e dell’inizio di un percorso di ricostruzione.